venerdì 22 aprile 2016

"UNA TORRE PER IL PROFETA" DI MARGARET MILLAR.

Non so se visiterò mai gli Stati uniti. Sono attualmente fuori portata per il sottoscritto, sia economicamente che geograficamente, e poi alla fine sto tanto bene in Italia e preferisco spostarmi con la fantasia. Ma se mai decidessi di varcare l'Atlantico, vorrei visitare per prima cosa la California, fare tappa a San Francisco (il sogno proibito di ogni cultore dell'Hitchcockiano Vertigo) e poi spostarmi per paesi e campagne, in quella terra suggestiva e arida che ricorda in qualche modo la meravigliosa Sicilia, non solo per i vasti agrumeti.

Ma in un certo senso, in questa California rurale e sognante lontanissima da Beverly Hills e Sunset Boulevard vari, ci sono stato grazie alla grande Margaret Millar, forse la scrittrice di neri più eccentrica e raffinata mai esistita, che come il marito Ross MacDonald fece grande il poliziesco Americano, ma lo portò a vette letterarie raggiunte forse solo dal miglior Cain. La Millar coniugò la tradizione del noir, il suspense psicologico e il melodramma vittoriano stile Rinehart creando opere che, come "Occhi nel buio", "La porta stretta" "Sapore di paura"  "Uno sconosciuto nella mia tomba" e altre ancora resteranno dei classici immortali e irraggiungibili.



                                                                     Margaret Millar

Ma, tra tutti, il libro dell'autrice che ho più caro, e che ho letto già tre volte, è "Una torre per il profeta" un romanzo noto tra gli appassionati soprattutto per ciò che ne scrisse Chandler, che dichiarò che fosse la storia poliziesca coi personaggi più scombinati e strani che avesse mai letto. Non ho mai concordato molto con il Chandler saggista, ma stavolta non ho niente da eccepire.

                                                        Prima edizione del romanzo


La storia inizia con un detective spiantato e disincantato, di nome Joe Quinn, che si è giocato tutti i soldi che aveva in tasca a Las Vegas, e ora cerca di raggiungere la sua Los Angeles con mezzi di fortuna. Durante il suo viaggio rimane a piedi da qualche parte nella campagna sperduta, e nel suo girovagare si imbatte in una stranissima comunità pseudoreligiosa  che vive in un edificio sormontato da un'alta torre.
Questa gente, fricchettoni da comune ante-litteram, vive rinunciando alle gioie terrene, vestendo sai di ruvida tela e dedicandosi al lavoro agricolo e alla preghiera, una sorta di microcosmo (realtà diffusissime nell'America del tempo) dove tutti vivono in comunione con la natura, e si chiamano con nomi stranissimi come madre purezza, sorella contrizione o fratello corona di spine. La comunità è retta da un sinistro gran maestro, che impone la sua legge all'apparenza gestendo il suo gregge in modo amorevole, ma in realtà lo tiene spietatamente sotto il suo tacco, come accade in tutte le sette. Quinn, affamato e stanco, fa buon viso a cattivo gioco, e nonostante sia un "Pagano" la comunità lo accoglie  e lo ospita per la notte; durante il breve soggiorno, viene avvicinato da una donna di mezza età, sorella benedizione, che gli consegna un fascio di dollari che aveva conservato di nascosto e lo incarica di ritrovare un certo Patrick O'Gorman, misteriosamente scomparso anni prima.  Il detective, uomo d'onore come tutti gli eroi del noir a cominciare da Marlowe e Spade,  invece di prendere i soldi e fregarsene inizia a indagare sulla faccenda, iniziando un pericoloso e tragico viaggio nel passato che coinvolge anche la (presunta) vedova di O'Gorman (che puntualmente scioglie il cuore di ghiaccio di Quinn) e una donna incarcerata per frode; la pista di O'Gorman finirà poi per intrecciarsi in modo sinistro proprio con la comunità della torre, i cui membri, più che mossi da autentico spirito Francescano, sono li per fuggire dal loro passato...

Insomma, una vicenda ingarbugliata ma che scorre liscia come l'olio, e soprattutto piena di personaggi si eccentrici (e non solo tra i fedeli della comunità...) ma memorabili e ai quali si finisce per affezionarsi; ho sempre adorato, ad esempio, la ragazzina con l'acne che anela a tornare alla vita di tutti i giorni per..potersi comprare una "terrena" crema contro i brufoli, oppure la signora O'Gorman; nell'universo della Millar la fanciulla in pericolo è in realtà una donna segnata dalla vita e con prole a carico, ma a suo modo romantica e dolce come una young lady Vittoriana. E poi, come preannunciato, è un vero tour nella California anni cinquanta più autentica e rurale, fatta di campagne e cittadine tranquille (ovviamente solo in apparenza) non certo l'immagine più tipica che si ha di questo stato meraviglioso ma troppo legato alle sue metropoli e a Hollywood, delle cui altre bellezze si sa poco o nulla.

Un vero e proprio capolavoro del noir, da procurarsi solo nell'edizione dei classici del giallo n. 656 con la traduzione integrale di Maria Luisa Visentini Ottolenghi; la versione del Giallo Mondadori n. 772 , anche se ha una cover da urlo di Jacono, risulta essere tagliuzzata.

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