lunedì 12 ottobre 2015

"INCUBO" DI ANNE BLAISDELL.


Per il secondo mese consecutivo mi riesce di commentare un GM mentre è ancora fresco di stampa a far bella mostra di se nelle edicole; non vi abituate troppo bene, perché non so se riuscirò a tenere il ritmo per molto.

Lo attendevo con piacere questo “Nightmare” , perché questo romanzo, a leggerne la sinossi, mi pareva rientrasse a pieno in quel genere del “Female suspense” di cui ho parlato nel numero scorso. E così è stato, ma solo parzialmente, come solo parzialmente il libro mi è piaciuto.




Parliamo appunto del riassunto in quarta di copertina; se non lo avete già letto non fatelo, perché in esso in pratica si svela tutto quello che poi sarà il romanzo, nel bene e nel male.

Partiamo dai pregi;  è senz’altro un romanzo scritto (e tradotto) molto bene; l’autrice sapeva bene come si costruisce una trama intrigante e avvolgente, e come gestire la suspense in modo egregio.

Si parte piano, con una ragazza, la giovane Americana Patricia Carroll, allegramente a zonzo senza meta per il Galles, per puro piacere turistico. Durante il viaggio Pat soccorre un bello sconosciuto rimasto in panne, che si rivela essere uno scrittore di successo che in mezz’ora si innamora cotto della bella e disinibita ragazza. I due progettano di incontrarsi di li a qualche giorno a Newcastle, perché lei vuole prima terminare il tour del Galles che ha intrapreso e soprattutto deve rendere visita all’anziana zia del suo ex-promesso sposo Stephen, morto tragicamente un anno prima. Una visita di circostanza noiosa che la giovane vuole  fare più che altro per un vago e recondito senso di colpa, ma quando raggiungerà la sinistra magione dell’anziana Mrs. Trefoile, inizierà per lei il “Nightmare” del titolo, un incubo angosciante che travolge la sventurata Pat e mette a dura prova  i nervi di noi lettori.

Questi, insomma, gli indubbi pregi, ma la medaglia ha, ahimè, un rovescio, ossia che questo romanzo è talmente stracolmo di tutti i cliches della letteratura Neogotica Vittoriana che essi tracimano letteralmente dalle pagine. Ora, per tanti classici del genere si può dire che siano prevedibili perché inflazionati da mille tentativi d’imitazione, ma questo libro fu scritto nel 1963 e già all’epoca, quindi, si trattava di un’operazione nostalgia.

Praticamente, mentre leggevo, già anticipavo ad alta voce tutto quello che sarebbe successo nel libro, e anche i personaggi sono scontatissimi; la vecchia pazza fanatica religiosa, i domestici devoti ma solo perché tenuti in scacco dalla loro padrona con un ricatto, un ritardato mentale che bene o male ha la funzione di fare da tramite tra la segregata e brutalizzata Patricia e colui che verrà a soccorrerla (chi sarà il principe azzurro che soccorre la bella tenuta rinchiusa dall’orchessa? Non c’è nemmeno bisogno di dirlo, suppongo..) insomma, una cosa già vista e stravista che finisce per togliere al lettore il piacere della sorpresa, la gioia di leggere un qualcosa di minimamente imprevedibile e originale.

E poi a me il libro non è piaciuto molto perché non sopporto le storie di donne tenute prigioniere; va bene la donna minacciata da un pericolo oscuro, va bene la ragazza in fuga, ma le violenze domestiche non mi attirano davvero; ma questi sono gusti personali, e la mia opinione in questo caso è puramente soggettiva, se a voi la trama intriga fate benissimo a leggere questo romanzo, che per me è già finito nella corposa pila dei libri che non rileggerò, ma a qualcun altro potrebbe piacere e anche molto; quindi, alla fine di tutto questo panegirico, non lo sconsiglio e non lo consiglio, mi sento indeciso a dare un giudizio definitivo su un’opera che in fondo è forse povera di idee ma di indubbia qualità letteraria. Fate voi.

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