mercoledì 23 dicembre 2015

UN BUON NATALE..IN GIALLO.





Bene, ormai la festa più amata dell'anno si avvicina, festa molto gradita anche agli autori di polizieschi, che bene o male (vedere i miei post natalizi degli anni precedenti) hanno cercato sempre di ambientare almeno un racconto in questo periodo, visto che la tensione e la suspense trovano il loro naturale habitat in situazioni apparentemente idilliache.


Come ogni anno, impegni di lavoro permettendo, cerco di onorare "giallisticamente" la ricorrenza con alcuni must immortali; ad anni alterni, mi gusto con immutato piacere capolavori come "L'avventura del carbonchio azzurro" di Arthur Conan Doyle, splendido tour nella Londra popolana vestita a festa col dinamico duo alla ricerca di un gioiello scomparso, e poi mi riguardo l'episodio della serie "Sherlock Holmes" con Jeremy Brett. Poi è la volta de "L'avventura del dolce di natale" di Agatha Christie, delicata rievocazione dei natali dell'infanzia di Agatha, e subito dopo mi rivedo, sorseggiando una cioccolata calda in onore del geniale Belga, l'episodio di "Poirot" con David Suchet dedicato al racconto (Invece, per questi giorni sconsiglio vivamente "Il natale di Poirot" un giallo geniale  ma in cui di magia natalizia ce n'è veramente poca, leggetevelo d'estate che è meglio); e il mio terzo grande must, quello a cui mi dedicherò per la sera della vigilia, è "Un natale di Maigret" di Simenon; prima il racconto, e poi, se non sono troppo stanco, il mitico sceneggiato Rai con l'immenso Gino Cervi. Se potete, questo film è perfetto per la mattina di Natale, è fantastico svegliarsi con Maigret e seguire il lento, pacato svolgersi della sua indagine sotto l'albero, una storia di delitto ma anche intrisa di spirito natalizio.

Insomma, per chi come me non ama la confusione e non ha il natale devastato dall'orda dei parenti, passarlo con un bel giallo (e relative trasposizioni filmiche) potrebbe essere un modo di passare un Natale veramente indimenticabile. In ogni caso, qualunque esso sia il Natale che prediligete, permettetevi di farvi tanti sentiti auguri di buone feste, e di ringraziarvi di cuore per avere la gentilezza di seguire il mio blog.


sabato 5 dicembre 2015

OMNIBUS GIALLI; LA GUIDA DEFINITIVA (A CURA DI VITTORIANO CASODI E GUIDO FABRIZZI)

E' già capitato che questo blog abbia ospitato articoli scritti da altri (sempre con il consenso dell'autore, sia chiaro) e in questa occasione sono particolarmente lieto di dare risalto a un lavoro che per quanto mi riguarda è il più bello che si trovi in rete sugli Omnibus gialli, una delle collane croce-e-delizia di ogni giallifilo nostrano. Una collana che è come una selva  caotica e impervia a causa di numerose edizioni con colorazioni e copertine diverse da far diventar matto il temerario collezionista, ma che, dopo aver letto questo articolo, apparirà come un lindo e ordinato villaggio Tirolese.

Gi autori dell'importantissimo lavoro sono i miei concittadini Vittoriano Casodi e Guido Fabrizzi, che segue il mio blog con il bel nickname di SirArthur. che mi hanno segnalato i link dove scaricare il file PDF, link che sono i seguentie per la pubblicazione del quale sono stato autorizzato da Guido Fabrizzi); in questo primo link sono indicati le prime edizioni e le principali varianti;

http://dropcanvas.com/ucaff

E questo altro link permette di scaricare tutte le edizioni che si sono susseguite negli anni (almeno tutte quelle di cui gli autori sono sicuri per presa visione diretta) ed è questo:

http://dropcanvas.com/lhao3

Ora, senza nulla togliere a siti come Genovalibri che sono tuttora un punto di riferimento imprescindibile, per quanto riguarda gli Omnibus questo articolo sviscera tutta l'avventura collezionistica della collana in modo più completo, in quanto esamina non solo le uscite e le varianti di esse in ordine cronologico, ma ne segnala, cosa molto importante, anche la rarità; sebbene non sia un collezionista della collana (perlomeno non ancora...)  so che ci sono delle vere rarità, e che, cosa strana, i volumi più recenti sono di gran lunga in più rari, perchè stampati in pochi esemplari; sapevo ad esempio  di "Bencolin della polizia di Parigi" di Carr, introvabile seppur risalga solo al 1993, ma non sapevo assolutamente  delle rarissime varianti con le facce "Verso il basso" di due omnibus di Woolrich e Stout. Solo su un punto sono rimasto stupito; il sito segnala l'Omnibus "Superhitchcock; 33 storie del brivido" come comune, mentre io prima di trovarlo sono ammattito per anni (anche se a dire il vero io non compro su internet, cerco e basta) ; per dire, ho avuto tra le mano 3 copie di "Delitti d'altri tempi" di Carr e due di "Sfida al lettore" di Queen, ma di Superhitchcock ne ho trovati solo uno e malandato.

Insomma, la guida definitiva per gli Omnibus gialli, che sono lietissimo di presentare su questo blog, ringraziando ancora Guido Fabrizzi per la preziosissima segnalazione e per aver svolto il lavoro assieme al signor Casodi. D'altra parte, i migliori giallofili sono tutti di Firenze...

giovedì 3 dicembre 2015

"MORTE IN ASCENSORE" DI ALAN THOMAS.



Come ho già segnalato su questo blog un paio di settimane fa, i Bassotti hanno riaperto i battenti, e con un titolo che era molto atteso dai giallofili Italiani, in quanto "The death of Laurence Vining" romanzo d'esordio datato 1928 (non 1924 come da me precedentemente dichiarato,errata corrige) del Londinese Alan Thomas, è molto rinomato nel mondo anglosassone soprattutto perchè incluso in alcuni elenchi ufficiali sulle migliori "camere chiuse" (ovvero un delitto consumato in uno spazio delimitato nel quale nessuno dovrebbe avere accesso oltre alla vittima, che comunque è morta inequivocabilmente per mano altrui) di sempre.
Anche se non sono un grande fan delle classifiche, quasi sempre parziali e poco obiettive (specialmente quelle Anglosassoni e nostrane, che puntualmente si dimenticano dei Francesi) devo dire che il romanzo di Alan Thomas si è rivelato non solo all'altezza di ogni top-qualcosa, ma anche un vero e proprio capolavoro, una gemma assoluta del poliziesco rimasta clamorosamente inedita nel nostro paese per ben 91 anni.




Potrei limitarmi a dire che il romanzo è una grande camera chiusa, all'altezza di quelle di Carr e Queen, e cavarmela così con poco; ma la forza di questo libro è quella di essere ANCHE una eccezionale camera chiusa, ma alla fine essa è uno dei tanti punti di forza del testo, in quanto in esso viene praticamente incluso tutto il vecchio e il nuovo di questo genere letterario; eravamo, ricordo, nel 1928, un anno santo e benedetto per la narrativa poliziesca, e Thomas riesce a fondere atmosfere diciamo "Retrò" già al tempo con le nuove sperimentazioni degli allora astri nascenti della Golden Age, come la Christie o la Sayers.

In questo "Morte in ascensore" (Titolo non molto azzeccato, anche perchè identico a quello di un romanzo di Ngaio Marsh edito da Mondadori) infatti si trova come detto elementi per l'epoca innovativi; un grande enigma, depistaggi condotti con perizia (le "Leggi" di Van Dine vengono rispettate proprio mentre esso le sta stipulando) personaggi credibili e vivi, ma elementi come il passato che ritorna, misteriose sette provenienti dall'estremo Oriente (eh si, c'è da divertirsi...), una vittima retta e stimabile solo in apparenza, il tema della vendetta e una storia d'amore un poco melodrammatica appartengono all'arsenale ormai in disarmo della "vecchia" letteratura popolare Vittoriana ed Edoardiana ( in questo perfetto connubio di vecchio e nuovo l'autore mi ha ricordato molto il grande Austin Freeman, anche se Thomas è meno macchinoso e il romanzo è fluido come un Christie o un Berkeley), a me comunque molto cara; quando il poliziesco classico ha sposato il melodramma ha creato talvolta dei grandi romanzi, e questo testo non fa eccezione.
Quanto al grande enigma, meglio non dire un bel niente, lasciamo al lettore il piacere di scoprirlo; come da titolo, un uomo muore dentro a un ascensore in cui era inequivocabilmente solo. A voi il piacere di scoprire com'è andata. Non sarà affatto facile, ma l'autore è onesto e vi darà tutti gli elementi per giungere alla soluzione.

Insomma, se la Polillo si è fatta spettare per un anno, ma alla fine ci ha regalato una vera pietra miliare come questa, direi che si è fatta ampiamente perdonare. Questo Alan Thomas è un capolavoro senza mezze misure, e un regalo di Natale perfetto.

martedì 1 dicembre 2015

I GIALLI MONDADORI DEL MESE DI DICEMBRE.


Diciamoci la verità; non c'è periodo più desiderato dal giallofilo incallito di quello natalizio. I delitti consumati all'ombra di una tranquilla canonica, col sangue che macchia un servizio da tè, sono una mitologia in fondo tutta invernale; certe storie vanno lette con una tazza di tè fumante, oppure una tisana, oppure una densa cioccolata calda stile Poirot.

Il buon Mauro Boncompagni, avvedutamente,  nel consueto (almeno finchè dura...) speciale Dicembrino spedisce il lettore tra i castelli, così come in estate giustamente li manda in crociera. Che poi in questi castelli, per antonomasia posti lugubri e freddi, talvolta faccia più "caldo" che all'equatore, è solo grazie alla bravura dell'autore che si presenta.




Ora, io sinceramente in uno speciale sui castelli avrei messo almeno un Carr, mentre il curatore opta per un nome che non avrei mai pensato, anche perchè non conosco minimamente il romanzo che si presenta, ovvero "Castello in aria" del celebrato Donald E. Westlake, autore tenuto in grande considerazione negli USA ma forse troppo bizzarro e indefinito per essere considerato un maestro assoluto anche nel nostro paese. Non ho letto niente di Westlake e non posso dare pareri, ma la trama del romanzo fa pensare a un qualcosa di folle e di funambolico, che potrebbe essere un capolavoro come un disastro totale. Vedremo.

Da EdgarWallaciano di lungo corso, per me il piatto forte è "L'avventuriero" (uscito anche per Newton col titolo "Mistero al castello") una delle tantissime avventure del grande e prolifico (pure troppo) autore Londinese. Ho letto questo romanzo molti anni fa e ricordo poco, tranne che mi sono davvero divertito a leggerlo, come quasi sempre con questo autore. Speriamo solo che venga riprodotta la versione uscita in origine nella palmina n. 146, piuttosto che quella proposta successivamente nei capolavori del giallo, visto che all'epoca nel passaggio da palmina a Capolavori "snellivano" il testo per risparmiare carta e ottenere spazi pubblicitari; in ogni caso, ultimamente (Il segreto di Tassart, Danza sull'abisso, Le Pentole del diavolo) si è stati attenti a riproporre le traduzioni più complete, per cui sono fiducioso.

Chiude il volume un racconto metagiallistico del grande G.K. CHesterton, "Il segreto di Padre Brown" dove l'impareggiabile sacerdote, ospite nel castello in terra Spagnola dell'amico Flambeau, spiega in pratica la propria filosofia. Più che un racconto un apologo, ma di Chesterton andrebbe letta anche una sua lista della spesa.

In definitiva, uno speciale da prendere al volo.

E adesso, veniamo al piatto forte, ovvero il giallo inedito del mese, nientemeno che un Ngaio Marsh; stavolta, della grande giallista Neozelandese, si presenta un romanzo del 1962, "Hand in glove", da noi tradotto come "I guanti dell'assassino"; naturalmente sono felice per questa uscita  e non mancherò di prenderla, ma a dire il vero i romanzi più senili di questa autrice non mi sono poi piaciuti moltissimo, per cui tengo le aspettative abbastanza contenute; se poi sarò stupito in positivo, tutto di guadagnato.



 Il classico del giallo, invece, è un Frances Durbridge, "Melissa" da cui la Rai trasse nel 1966 un omonimo sceneggiato rimasto nei cuori di molti telespettatori; ho un'antologia di questo Durbridge, che ho trovato un classico giallista anni sessanta molto pulito e convenzionale ma che comunque ha dalla sua un buon senso del ritmo e una innata capacità di avvincere il lettore; un solido artigiano, per intendersi. Uscito originariamente per Longanesi, questo è un testo che sarebbe un peccato lasciarsi scappare.



Lo Sherlock del mese è di un autore già apparso nella collana, ovvero Kieran McMullen, che stavolta manda Holmes nel mezzo del sanguinoso conflitto tra Inglesi e Irlandesi, una tematica che personalmente non interessa molto (Preferisco il dinamico duo alle prese con papiri Egizi o anche Dracula, ma non in contesti più realistici) ma potrebbe risultare appetibile per altri.



Insomma, in definitiva mi sembra che questo 2015 del GM, funestato dal cambio di periodicità e dall'aumento di prezzo ma assolutamente di ottimo livello qualitativo, si chiuda più che degnamente, e se il 2016 lo eguagliasse soltanto mi riterrei davvero soddisfatto.

mercoledì 25 novembre 2015

"MR. HOLMES", UN FILM DI BILL CONDON CON IAN MCKELLEN.


 

Da qualche giorno è in tutti i cinema un film destinato a essere "appetito" da noi amanti del giallo classico; si tratta di "MR. Holmes" (titolo che nel nostro paese ha dovuto subire l'aggiunta de "Il mistero del caso irrisolto..." vabbè) del regista Bill Condon, tratto dall'omonimo libro di Mitch Cullin edito da Neri Pozza (Che non ho letto ma mi dicono essere buono, anche se a quanto pare il film se ne discosta in alcune scelte narrative) e interpretato tra gli altri da Laura Linney, Frances de la Tour e ovviamente da lui, uno dei più grandi attori di ogni tempo e probabilmente il maggior attore vivente, quel Sir Ian McKellen troppo spesso ricordato solo per avere impersonato Gandalf nel Signore degli anelli o Magneto negli X-Men, ma in realtà titano dello schermo e del palcoscenico da mezzo secolo.
 
 

Già a leggerne per sommi capi la trama, si capisce che non ci troviamo di fronte al "solito" apocrifo; lo Sherlock presentato nel film, ambientato nel 1947, è un ultranovantenne comprensibilmente pieno di acciacchi e affetto da una demenza senile sempre più evidente, che vive non nella Brulicante Londra ma nell'arcadica campagna del Sussex, in prossimità delle bianche scogliere di Dover, fedele al proposito, paventato dallo stesso Doyle in un racconto del canone, di una serena vecchiaia da apicoltore. Holmes, ormai rimasto solo al mondo, vive con la governante Mrs. Munro (Una Laura Linney che, anche nei panni dimessi e castigati di una rassegnata vedova di mezza età, fatica a contenere la propria bellezza e sensualità) e dal giovane Roger, ragazzo brillante ed educato (anche se talvolta spietato con la madre, che pare ottusa ma invece cerca di fare solo il bene suo e del figlio coi mezzi limitati che ha a disposizione) che ama le api ed è un vero bastone della vecchiaia per l'anziano Ex-investigatore.

Altre immagini del film; McKellen con Laura Linney e col giovane, bravissimoMilo Parker nella parte di Roger.
 

Nonostante questo apparentemente tranquillo "Life-end" Holmes ha qualcosa che lo tormenta, ossia il ricordo, parzialmente distorto dalla malattia che avanza, di uno strano caso che lo coinvolse, già sessantenne, nel 1912, riguardante un'enigmatica donna e le sue strane ossessioni (non voglio dire di più perchè l'enigma, anche se tenue, è abbastanza intrigante) che lo portano, 35 anni dopo, a chiedersi se ha fatto abbastanza per risolvere quel "caso come tanti" apparentemente di minore entità rispetto ai vari Baskerville o Study in scarlet. Seguiamo poi altri Flashback, tra i quali un viaggio in Giappone alla ricerca di un'erba prodigiosa per la memoria, e altri episodi che contribuiscono a rendere gradevole un film che vale ampiamente il prezzo del biglietto; non che per questo sia un capolavoro, anzi a mio vedere ha una pecca abbastanza grave, ossia quella di rappresentare uno Sherlock Holmes talmente diverso da quello che conosciamo da  risultate fin troppo distante; lo stesso investigatore liquida come "Licenze poetiche di Watson" tutta la mitologia dell'elementary, del cappello da cacciatore, della pipa e della fida lente d'ingrandimento, ma non riproporli nemmeno lontanamente significa snaturare del tutto un personaggio che vive ancora oggi soprattutto grazie ai suoi cliches, e decade l'empatia con lo spettatore; il personaggio non è Holmes, è un grandissimo Ian McKellen che impersona un grande investigatore molto anziano, il che è diverso. Restano i ricordi delle persone importanti dell'universo Holmesiano, ma sono nominati di sfuggita, come fantasmi appartenenti a un'altra epoca. Si, forse è stato meglio così e la pellicola ne guadagna in originalità, ma io uno Scherlock più "Sherlockiano" lo avrei gradito.

In ogni caso, avercene di film tanto garbati e deliziosi al cinema, mi ci recherei più spesso che non una volta o due all'anno.

mercoledì 18 novembre 2015

IL RITORNO DEI BASSOTTI POLILLO.






A volte aprire la home di Facebook riserva perfino qualche notizia gradita; è con estrema gioia che ho appreso, tramite la parigna ufficiale dei Bassotti, del ritorno in libreria della collana più amata dai giallofili (assieme al GM, ovviamente); da domani 19 Novembre usciranno infatti due nuovi romanzi, ossia "Morte in ascensore" di Alan Thomas, che la mia amica Giuseppina mi assicura essere un capolavoro assoluto della camera chiusa uscito per la prima volta nel 1924 e finora inedito in Italia, e "Sangue sulla neve" di Hilda Lawrence, romanzo più thrilling del 1944 anch'esso mai proposto prima nel nostro paese.





Due uscite estremamente interessanti, che ripagano ampiamente il lettore di una latitanza della collana di quasi un anno, latitanza dovuta a fattori che si possono solo immaginare ma non conoscere, dal momento che la casa editrice ha mantenuto un riserbo assoluto in pratica fino a due giorni fa, lasciando i fan dei Bassotti senza notizia alcuna; io stesso, fortunatamente sbagliando (ma non me ne faccio certo una colpa, viste le non-informazioni ricevute) avevo ipotizzato la chiusura definitiva, anche per l'invasione di titoli a metà prezzo (e anche meno) nei Reimanders, che facevano credere a uno smaltimento definitivo dei resi ma che invece è servito evidentemente a incamerare moneta per poter ripartire. Ma come si suol dire, quel che è stato è stato, e tutto è bene quel che finisce bene; intanto godiamoci queste due ottime uscite, che poi da metà Gennaio (sempre stando a quanto scritto sulla pagina FB dei bassotti) la collana riprenderà a cadenza regolare. Insomma, si spera sia "Passata 'a nuttata" per i Bassotti Polillo, e che questa splendida collana riparta di slancio e non ci lasci più.

domenica 8 novembre 2015

I GIALLI MONDADORI DI NOVEMBRE (E DICEMBRE).




Si profila un autunno abbastanza lieto per gli estimatori della collana del Giallo Mondadori. E' un piacere vedere come , nonostante il taglio delle uscite, si punti sulla qualità e soprattutto sulla varietà delle uscite, che davvero cercano di accontentare tutto il pubblico giallofilo.

In questo Novembre finora ben poco lugubre e brumoso abbiamo tre uscite molto ben calibrate; innanzitutto partiamo con l'Inedito di Peter Lovesey, uno dei più acclamati giallisti contemporanei che fa sempre piacere vedere pubblicato in una collana a prezzo contenuto (Colin Dexter se lo è preso la Sellerio, ma Lovesey finora resiste in edicola) del quale si presenta una nuova avventura con Peter Diamond, dal titolo "Cadaveri in divisa", nel quale un folle uccide, apparentemente senza alcun motivo i poliziotti della tranquilla (?) cittadina di Bath.
Poi abbiamo il sempre graditissimo Ellery Queen con una raccolta tra le meno reperibili dei suoi testi brevi (a me era l'unica che ancora mancava, ad esempio...) ossia "Gli esperimenti deduttivi di Ellery Queen" una perla immancabile negli scaffali dell'appassionato del genere.

Anche l'uscita nella collana degli apocrifi di Sherlock Holmes, snobbatissima a volte a torto da molti appassionati di lungo corso, presenta un testo veramente interessante, "SH e il mistero del papiro egizio", gustosa escursione nel mondo dell'egittologia di David Stuart Davies, per chi scrive il migliore autore presentato nella collana; dopo la rivisitazione del Ruritanian romance ne "L'affare Hentzau" e del romanzo dell'orrore ne "SH e il principe della notte", l'autore ci porta tra mummie e tenebrosi musei, come prima di lui tanti grandi autori tra cui Conan Doyle, Van DIne e Austin Freeman; scusate se non vedo l'ora di avere tempo di leggerlo.


Anche nel prossimo mese ci sarà da divertirsi; si presenta nientemeno che un testo di Ngaio Marsh, "Il guanto dell'assassino" che sarà molto probabilmente la traduzione integrale (l'inserimento nel GM inedito anzichè nei classici fa pensare a questo...) di un romanzo precedentemente uscito per RIzzoli, ovvero "Il guanto insanguinato"...ma forse mi sbaglio ed è un inedito assoluto.
Nei classici invece avremo "Melissa" un testo di Frances Durbridge reso famoso negli anni sessanta da uno sceneggiato Rai tra i più celebrati del periodo; il testo, pubblicato per la prima volta da Longanesi, si presenta come una bella riscoperta, e anche se Durbridge non era un grande autore, i suoi testi erano buoni prodotti artigianali che possono ancora accontentare una vasta platea di lettori.

Non mi attira molto l'apocrifo Holmesiano, Sherlock Holmes e i ribelli d'Irlanda di Kieran McMullen; preferisco il dinamico duo alle prese con papiri egizi che non con eventi storici, ma magari mi sbaglio e il prodotto è buono.


Insomma, le buone letture per passare le fredde sere invernali non mancheranno.

mercoledì 4 novembre 2015

"MORIRE DAL RIDERE" DI PETER LOVESEY.


 
Il Britannicissimo Peter Lovesey, uno dei più giustamente acclamati giallisti contemporanei e che questo mese si riaffaccia sul giallo Mondadori con un nuovo romanzo della serie di Peter Diamond, è un autore che ogni tanto leggo sempre con piacere, visto che i suoi romanzi non saranno capolavori assoluti, ma hanno un brio narrativo davvero invidiabile e non ci si pente proprio di averli acquistati e affrontati.

Anche se la stragrande maggioranza dei suoi libri sono ambientati nel Regno unito, l’autore ci ha regalato anche dei deliziosi “One shot” in terra Americana, come questo “Morire dal ridere” romanzo ambizioso che meriterebbe davvero di essere riscoperto dopo la sua prima pubblicazione nel GM, nell’ormai lontano 1984.
 
 

Il titolo originale, “Keystone”  potrebbe già rivelare a un cinefilo l’ambientazione e il periodo della storia; siamo infatti nel 1916, e proprio nella leggendaria casa cinematografica fondata da Mack Sennett, ovvero colui che fu il primo “Re delle comiche”, un personaggio vagamente sinistro, ex fonditore dal carattere alquanto instabile e dai modi grossolani, che per pochi anni produsse quei film comici muti e dal ritmo forsennato che a rivederli oggi risultano molto più inquietanti che divertenti (Molte sono di dominio pubblico su Youtube, provare per credere).

Se il grande pubblico ricorda la Keystone solo perché in essa mosse i primi passi il giovane Charlie Chaplin ( nel romanzo Chaplin non compare, l’azione inizia poco dopo il suo abbandono per la Mutual; Lovesey, avvedutamente, non fa “recitare” nella sua ricostruzione un personaggio tanto famoso e ricordato), chi si intende di cinema sa che le figure degne di nota erano molte di più, personaggi unici molti dei quali ebbero un destino tragico, tanto che si possono considerare Rockstar maledette ante litteram; da Roscoe “Fatty” Arbuckle la cui carriera fu stroncata da uno scandalo sessuale, a Mabel Normand, morta ancora giovane per l’abuso di alcool e droghe, da altri attori che, dopo la fine dell’era delle comiche, non seppero adeguarsi ai nuovi corsi del cinema; un mondo scomparso e poco conosciuto che l’autore fa rivivere in modo davvero splendido.
Il protagonista è l’Inglese in trasferta Warwick Easton, discreto artista che riesce a entrare nel cast dei “Keystone cops” quei finti poliziotti che in moltissime delle comiche di marca Sennettiana arrivano per soccorrere gli eroi in pericolo e ovviamente combinano guai a non finire. Non era certo il tipo di carriera che Easton, soprannominato “Keystone” da Sennett stesso, aveva sognato di trovare in terra Californiana, ma la gentilezza di Fatty Arbuckle e Mabel Normand lo convince a provare.

Le sequenze in cui i Keystone cops sono coinvolti sono molto pirotecniche e girarle senza effetti speciali era decisamente pericoloso, tanto che uno dei membri del cast, in una acrobazia decisamente spericolata, ci rimette la vita. L’incidente presenta qualche stranezza, ma “The show must go on” e tutto rimprende come prima.
Easton-Keystone, nel frattempo, conosce e si innamora della giovane Amber Honeybee, attricetta dalla bella presenza e dallo scarsissimo talento che però si rivela molto migliore dell’oca che tutti pensano che sia; però, ben presto, Amber si trova coinvolta in un omicidio apparentemente inspiegabile, e Keystone, mentre continua a girare le comiche e a vivere la vita di tutti i giorni con gli altri membri della “famiglia Sennett”, aiuta la ragazza a uscire da una situazione spinosa e tutto andrà per il meglio.

Ciò che conquista di questo romanzo non è tanto la trama poliziesca, in quanto decisamente subordinata alla di gran lunga più convincente ricostruzione storica, elaborata dall’autore in modo davvero notevole, ma che porta la trama poliziesca a svilupparsi veramente solo nella seconda parte. E poi anche la soluzione è abbastanza scontata, visto che trasformare in assassini persone realmente esistite era un po cocomplicato, e se si cerca il colpevole tra i personaggi del tutto inventati, il ventaglio di scelte non è ampissimo.
In ogni caso, sarà che sono un appassionato di cinema muto e già conoscevo ciò di cui si tratta, ma questo “Keystone” mi è davvero piaciuto tanto e credo si possa considerare uno dei migliori libri dell’autore. Se lo trovate, fatelo vostro, non ve ne pentirete.

venerdì 30 ottobre 2015

"GLI OSPITI PAGANTI" DI SARAH WATERS


 

Ancora fresco di stampa, questo nuovo romanzo dell’acclamata autrice Gallese specializzata nel raccontare, però, la vecchia Inghilterra, mi è arrivato fino a casa grazie alla mia amica Giuseppina, che mi ha fatto un regalo di compleanno anticipato. Siccome lei è una delle poche persone dalle quali accetti un suggerimento su un libro da leggere, mi sono fiondato subito tra le pagine di questo romanzo. Non sono digiuno dell’autrice, visto che di lei  ho già letto tre romanzi; due (Carezze di velluto e Ladra) mi sono piaciuti molto anche se con alcune riserve per alcune parti narrative a mio avviso mal calibrate, mentre un altro (L’ospite) l’ho forse troppo frettolosamente considerato poco riuscito. La Waters, a mio parere, è una delle maggiori narratrici contemporanee, che in molti forse non apprezzeranno come merita perché le sue storie vertono sempre su storie d’amore tra donne; personalmente nessun fastidio, ma non vorrei che l’opinione pubblica la etichettasse solo come “quella che scrive di lesbiche” non riuscendo a percepire il notevolissimo talento per gli intrecci e la robustezza della prosa della scrittrice.



Devo dire che la lettura de “Gli ospiti paganti” mi ha conquistato fin dalle prime pagine, seppure ci si trovi di fronte a una situazione di vita quotidiana al limite dello squallore; siamo nella periferia signorile  della Londra del 1922, ancora occupata a ritornare alla normalità dopo la grande guerra, dove due donne, l’anziana e petulante Mrs Wray e la giovane, fragile e nevrotica Frances, ex suffragetta e ribelle che da qualche anno ha accettato suo magrado una grigia e noiosa esistenza assieme alla madre, rimaste sole e con un patrimonio decisamente esiguo, decidono per tirare avanti di affittare parte della loro grande casa a una giovane coppia del ceto medio, Mister e Missis Barber. Il Marito, Leonard, è un rampante assicuratore spavaldo e sicuro di se, mentre la moglie, Lilian, è una ragazza timida, fantasiosa e sognatrice con un talento artistico frustrato dalla famiglia d’origine prima e dal marito poi.

Da principio le quattro persone si intendono a meraviglia, ma tra Frances e Lilian, in pagine dense e avvolgenti veramente da applausi, inizia pian piano a svilupparsi un sentimento di sempre maggiore complicità. Frances, orgogliosamente omosessuale e con già una storia d’amore alle spalle interrotta per le pressioni della famiglia,  sa cosa le sta accadendo e non fa niente per nasconderlo, mentre Lilian, che si è sposata e “ha fatto tutte le cose in regola” più che altro per compiacere la famiglia, stenta a capire cosa le stia succedendo.

Senza spoilerare troppo, basta solo dire che il sentimento tra le due donne evolverà fino a provocare una reazione a catena di eventi decisamente gravi; nella seconda parte infatti il romanzo, da melò fiammeggiante, diventa un thriller-procedural venato di una suspense decisamente Hitchcockiana, visto che il lettore sa cosa è successo ma trepida per sapere quanto le conseguenze dei fatti avvenuti saranno gravi per le due protagoniste. E visto che con la Waters i lieti fini non è che siano scontati, preparatevi a ogni evenienza.

Personalmente, trovo “Gli ospiti paganti” un grande romanzo, anche se non un capolavoro perché purtroppo soffre dei difetti di altri libri dell’autrice, ossia alcune parti più lente delle altre, dove il meccanismo leggero e oliato alla perfezione talvolta si inceppa, poi riparte di slancio, poi si inceppa di nuovo e così via; se in “Ladra” a incepparsi era la parte centrale, se in “Carezze di velluto” le ultime cento pagine “Ideologiche” risultano davverro irritanti nella loro inutilità e finiscono per inficiare una vicenda fino a quel momento narrata in maniera quasi perfetta (ma era il primo libro, ci stava…) in questo romanzo è tutta la parte procedurale che soffre un po di andatura “a scatti”, e la magistrale tensione narrativa della prima metà del libro finisce per scemare. In ogni caso, un ottimo libro, avercene uno al mese di questo livello; da leggere assolutamente, e già che ci siete, se non lo avete ancora fatto, recuperate anche gli altri libri da me citati, non ve ne pentirete.

lunedì 12 ottobre 2015

"INCUBO" DI ANNE BLAISDELL.


Per il secondo mese consecutivo mi riesce di commentare un GM mentre è ancora fresco di stampa a far bella mostra di se nelle edicole; non vi abituate troppo bene, perché non so se riuscirò a tenere il ritmo per molto.

Lo attendevo con piacere questo “Nightmare” , perché questo romanzo, a leggerne la sinossi, mi pareva rientrasse a pieno in quel genere del “Female suspense” di cui ho parlato nel numero scorso. E così è stato, ma solo parzialmente, come solo parzialmente il libro mi è piaciuto.




Parliamo appunto del riassunto in quarta di copertina; se non lo avete già letto non fatelo, perché in esso in pratica si svela tutto quello che poi sarà il romanzo, nel bene e nel male.

Partiamo dai pregi;  è senz’altro un romanzo scritto (e tradotto) molto bene; l’autrice sapeva bene come si costruisce una trama intrigante e avvolgente, e come gestire la suspense in modo egregio.

Si parte piano, con una ragazza, la giovane Americana Patricia Carroll, allegramente a zonzo senza meta per il Galles, per puro piacere turistico. Durante il viaggio Pat soccorre un bello sconosciuto rimasto in panne, che si rivela essere uno scrittore di successo che in mezz’ora si innamora cotto della bella e disinibita ragazza. I due progettano di incontrarsi di li a qualche giorno a Newcastle, perché lei vuole prima terminare il tour del Galles che ha intrapreso e soprattutto deve rendere visita all’anziana zia del suo ex-promesso sposo Stephen, morto tragicamente un anno prima. Una visita di circostanza noiosa che la giovane vuole  fare più che altro per un vago e recondito senso di colpa, ma quando raggiungerà la sinistra magione dell’anziana Mrs. Trefoile, inizierà per lei il “Nightmare” del titolo, un incubo angosciante che travolge la sventurata Pat e mette a dura prova  i nervi di noi lettori.

Questi, insomma, gli indubbi pregi, ma la medaglia ha, ahimè, un rovescio, ossia che questo romanzo è talmente stracolmo di tutti i cliches della letteratura Neogotica Vittoriana che essi tracimano letteralmente dalle pagine. Ora, per tanti classici del genere si può dire che siano prevedibili perché inflazionati da mille tentativi d’imitazione, ma questo libro fu scritto nel 1963 e già all’epoca, quindi, si trattava di un’operazione nostalgia.

Praticamente, mentre leggevo, già anticipavo ad alta voce tutto quello che sarebbe successo nel libro, e anche i personaggi sono scontatissimi; la vecchia pazza fanatica religiosa, i domestici devoti ma solo perché tenuti in scacco dalla loro padrona con un ricatto, un ritardato mentale che bene o male ha la funzione di fare da tramite tra la segregata e brutalizzata Patricia e colui che verrà a soccorrerla (chi sarà il principe azzurro che soccorre la bella tenuta rinchiusa dall’orchessa? Non c’è nemmeno bisogno di dirlo, suppongo..) insomma, una cosa già vista e stravista che finisce per togliere al lettore il piacere della sorpresa, la gioia di leggere un qualcosa di minimamente imprevedibile e originale.

E poi a me il libro non è piaciuto molto perché non sopporto le storie di donne tenute prigioniere; va bene la donna minacciata da un pericolo oscuro, va bene la ragazza in fuga, ma le violenze domestiche non mi attirano davvero; ma questi sono gusti personali, e la mia opinione in questo caso è puramente soggettiva, se a voi la trama intriga fate benissimo a leggere questo romanzo, che per me è già finito nella corposa pila dei libri che non rileggerò, ma a qualcun altro potrebbe piacere e anche molto; quindi, alla fine di tutto questo panegirico, non lo sconsiglio e non lo consiglio, mi sento indeciso a dare un giudizio definitivo su un’opera che in fondo è forse povera di idee ma di indubbia qualità letteraria. Fate voi.

mercoledì 7 ottobre 2015

"IL SEGRETO DI GREENSHORE" IL PRESUNTO INEDITO DI AGATHA CHRISTIE.


Dunque, nei giorni scorsi c'è stato un passaparola (neanche troppo, solo un poco) su un inedito ritrovato della grande Agatha, con immancabili commenti giubilanti di utenti entusiasti, convinti di trovarsi di fronte a chissà quale miracolo editoriale.








Ora, io sono un tipo abbastanza scettico, anche perche' un inedito vero dell'autrice sarebbe stato un evento mediatico quasi da prima pagina sui giornali (perfino quelli Italiani..) e qualche dubbio mi è venuto; dubbio alla fine più che legittimo, visto che questo "Il segreto di Greenshore" , titolo originale "The Greenshore folly" che riecheggia quello di un racconto con Miss Marple ovvero "The Greenshaw folly", non è altro che la prima stesura di uno dei romanzi diciamo "medi " della produzione della Christie, ovvero "La sagra del delitto". E' a dire il vero un racconto lungo, ed è già capitato che l'autrice sviluppasse un romanzo da un suo precedente scritto, niente di nuovo sotto il sole; certo, a voler essere pignoli è proprio un inedito, okay, ma allora cosa facciamo, se si trovano le bozze o le prime stesure di tutti gli altri romanzi dell'autrice, verranno tutte stampate e spacciate come fossero storie mai viste prima? Tutti i romanzi scritti, da Cervantes in poi, hanno prime stesure, ma non per questo ci interessano, quello che conta è il prodotto finale, e la storia ufficiale è quella del romanzo "La sagra del delitto" non questo racconto spacciato per romanzo e venduto alla bellezza di dodici euro (per un volumetto di nemmeno 100 pagine, pensate).
Certo, i fan duri e puri, i collezionisti che non possono fare a meno di avere tutto ciò che esce della Christie, lo compreranno e saranno felici; e magari sarà anche una lettura piacevole pur conoscendo il romanzo;  ma definire questo libro un "inedito" è una triste operazione commerciale.

Quindi non vi sto sconsigliando l'acquisto ne sto affermando che il libro non vale niente perchè non l'ho letto per intero (io sinceramente non l'ho comprato,solo sfogliato in libreria) solo occhio a cosa acquistate, ecco tutto, perchè se vi aspettate una storia mai letta prima andrete in contro al classico "pacco" editoriale; se invece vi interessa per scrupolo filologico o perchè di Agatha non potete non leggere tutto (cosa più che legittima, sia chiaro) allora buona lettura.

lunedì 28 settembre 2015

"SHERLOCK JR." (LA PALLA NUMERO 13) DI BUSTER KEATON.


C’erano i comici, e c’era Buster Keaton. Ormai forse irrimediabilmente “Pezzo da museo” per le nuove generazioni, gli fu negata la fama imperitura di un Chaplin a causa, forse, di non essere passato indenne dal muto al sonoro (anzi, la parola su pellicola fu la causa della sua repentina caduta, aggravata anche da crisi depressive e abuso di alcoolici, un destino peraltro comune a tante stelle del muto) ma i suoi film, se da un lato non hanno la poesia eterna di quelli Chapliniani, come costruzione e livello delle singole gag possono non solo competervi, ma talvolta sono da ritenersi superiori. Ma come tanti altri grandi Buster Keaton non si è purtroppo meritato l’immortalità, e per questo sempre più persone si perderanno degli autentici capolavori.

Keaton conobbe il suo periodo di gloria negli anni venti, dove davvero lui e Chaplin, rivali e amici al tempo stesso, erano impegnati in un continuo botta e risposta a suon di film memorabili. Di Keaton le opere eccellenti sono molte (One Week, Neighbors, Convict 13, The Playhouse, The electric house, Seven Chances, Our ospitality, The General, The Navigator, The Cameraman) ma nessuno si avvicina, per singolarità e perfezione, al suo terzo lungometraggio datato 1924, ovvero “Sherlock Jr.”  noto (ma lo sarà davvero?) in Italia con titolo un po naif di “La palla numero 13”.
 
Locandina originale.
 

Il suo essere infatti, almeno nelle sequenze iniziali, una gustosa parodia del detective creato da Conan Doyle giustifica la presenza su questo mio blog, anche se ovviamente il film non è da intendersi come un vero e proprio poliziesco, anzi è difficilissimo racchiuderlo in un genere, tante sono le trovate e i cambi di registro in soli 45 minuti di pellicola.

 
 
La sequenza di apertura vede l’imperturbabile e versatile Buster (Se il personaggio di Chaplin era un patetico gagà Londinese caduto in disgrazia, quello di Keaton simboleggiava invece il self-made-man Americano del tempo, intelligente e pieno di iniziative che falliranno quasi sempre per cause indipendenti dalla propria volontà)  che studia con interesse un volumetto dal titolo “come diventare detective” e lo vediamo, serio e diligente, con lente d’ingrandimento e un paio di baffoni posticci più alla Watson che non alla Holmes; il primo compito dell’aspirante segugio sarà quello di ritrovare un dollaro perduto da una signora; lui lo vede in mezzo a delle cartacce, ma giustamente non si fida e chiede alla donna di…descrivere il dollaro, e quando la signora, senza fare una piega, ne da una descrizione esatta non le resta che consegnarglielo.

Poi il giovane Buster si reca dalla sua innamorata, ma un altro infido pretendente della ragazza fa ricadere su Buster un’azione infamante compiuta ovviamente da lui stesso, ossia aver sottratto un oggetto al padre della ragazza per portarlo al banco dei pegni; il povero Buster, scacciato, decide di indagare sul rivale per riabilitare il suo onore (si anticipa di qualche anno il tema dell’innocente ingiustamente accusato che cerca di aiutarsi da solo tanto caro a Hitchcock) ma dopo un esilarante pedinamento  “ a francobollo” il povero ragazzo (e Keaton lo era davvero, visto che all’epoca non aveva nemmeno 30 anni!!) non conclude niente.

La celebre sequenza dello sdoppiamento, da "realtà" a finzione.
 
 
Avvilitissimo, Buster torna al cinema dove lavora come tuttofare, e mentre proietta il film del giorno si addormenta e…entra nel film che si sta mostrando, per una sequenza leggendaria che è il primo esempio di “film nel film”. Dopo un fantastico excursus onirico nei vari generi cinematografici che fece la gioia di Bunuel e dei Surrealisti ( illustri Keatoniani della prima ora) Buster capita in una storia che riecheggia quella da lui vissuta nella “realtà”. Ci sono una bella ragazza e suo padre (l’innamorata di Buster e il genitore), un infido pretendente (il rivale) che, in combutta col maggiordomo, ruba una preziosa collana. Il padre allora chiama il formidabile, infallibile detective Sherlock Jr. ovviamente lo stesso Keaton, terrore di tutti malfattori. Il grande investigatore entra in scena con la tracotanza e la sicurezza che tanto vorrebbe avere il vero Buster, invitando i presenti a non spiegare niente perché per lui quello è un caso semplice. Infatti, subito dopo, una didascalia avverte che dopo pochi minuti “Sherlock Jr.ha già capito tutto e risolto il caso… a parte ritrovare la collana e arrestare i colpevoli”. Questi ultimi, nel frattempo, escogitano vari modi per eliminare il pericoloso (almeno di fama) detective con trucchi sempre più ingegnosi, non ultimo una palla da biliardo (la palla numero 13 del titolo Italiano) imbottita di esplosivo. Scampato miracolosamente a tutti gli attentati, la situazione finalmente precipita e, dopo rocambolesche peripezie, il caso viene risolto e Buster/Sherlock Jr. trionfa…e anche nella realtà le cose vanno verso un lieto fine; la ragazza infatti ha scoperto la verità e si reca al cinema dove rassicura Buster; tutto andrà per il meglio, per una volta, anche nella vita e non solo al cinema.

 
Questa la trama, che però non rende assolutamente tutta l’originalità, l’inventiva e il ritmo trascinante di questo autentico gioiello, riconosciuto anche dalla critica come un vero capolavoro (tra l’altro è uno dei pochi “cinque stelle” del severissimo dizionario Morandini…) una vera opera d’arte a livello visivo e una profonda, quasi Pirandelliana riflessione su verità e finzione. E poi, a stretto rigore, un enigma poliziesco è presente, e i momenti di suspense ( i vari tentativi dei cattivi di eliminare Sherlock Jr.) ci sono e sono gestiti ottimamente, e quindi anche gli amanti del poliziesco troveranno di che andare in sollucchero.

Ricordo a chi volesse visionare il film che esso è di pubblico dominio come tutta l’opera di Keaton; eccovi il link ( e se vi piace, divertitevi a visionare gli altri titoli che vi ho consigliato..);
 
 

giovedì 10 settembre 2015

LE REGINE DEL SUSPENSE; VIAGGIO NELLA NARRATIVA DEL BRIVIDO AL FEMMINILE.


E' esistita un'epoca che oggi inizia ad essere meno ricordata di quanto meriti e che forse non sarà mai mitica come la Londra di Sherlock Holmes o le metropoli USA durante l'epoca del proibizionismo e dei gangsters, ma che per il sottoscritto esercita un fascino irresistibile; parlo dell'America degli anni cinquanta, quella dell'ultima epoca veramente felice prima del Vietnam, con i Drive-in e i Drugstore, con automobili chiassose lungo statali interminabili, con i grandi magazzini dove lavorano commesse graziose ed emancipate dalla vita sentimentale e sessuale libera: l'America che si può vedere in "Psycho" di Alfred Hitchcock, capolavoro anche come testimonianza di un'epoca, oppure in tanti episodi di "Ai confini della realtà" o "Alfred Hitchcock Presenta" ; piccole città linde e operose, gente appagata e felice (all'apparenza, ovviamente)  in quegli anni fatati di Boom economico, che qualche anno dopo raggiunse anche l'Italia.
 
 

Erano anni di grande fermento anche per la narrativa poliziesca; dopo gli esordi ultra-deduttivi fedelissimi alla scuola Inglese di Van Dine, Queen e Carr, il giallo Americano cominciò a prendere coscienza delle potenzialità offerte da un tale variopinto Background culturale, e a iniziare a volare con le proprie ali; prima Hammett, poi Chandler, senza dimenticare l'importantissimo apporto di Erle Stanley Gardner, resero il poliziesco made in U.S.A. mitico e inconfondibile quanto il Rock'n roll e gli Hot dog.

Ma in questa "rivoluzione culturale giallistica" Presero egregiamente parte anche le donne, contribuendo in maniera massiccia (anche se meno ricordate dei colleghi uomini...) a definire il genere; le autrici, in particolare, si specializzarono in quel sottogenere che sono le storie di Suspense psicologica, racconti sul filo del rasoio basati soprattutto sullo sgretolamento delle certezze della  donna del ceto medio-alto, che di solito, sposata o meno che sia, conduce una vita serena e protetta e di colpo si trova ad affrontare minacce sconosciute e terrorizzanti spesso originate da insospettabili, da coloro che dovrebbero proteggerle e garantire loro quella vita serena a cui anelano; in pratica una variante dell'eroina in pericolo di stampo Vittoriano, ma in un mondo rassicurante in modo quasi artificioso nel quale la destabilizzazione dell'ordine risulta ancora più amplificata.

Questo filone, chiamiamolo del "female suspense" prese piede negli anni sottilmente inquieti del secondo conflitto mondiale, durante i quali la vita della provincia Americana scorreva tranquilla e placida ma molti giovani erano a morire come mosche al fronte, pericoli lontani e parzialmente ignoti ideali per alimentare più o meno vaghe apprensioni, e terminò alla fine degli anni sessanta quando il giallo venne prepotentemente riportato a una dimensione più violenta e metropolitana e dove  tensioni e conflitti ben più palpabili sostituirono le sottili inquietudini degli anni precedenti.

Come in ogni sottogenere, ci furono alcuni capolavori, qualche decini di ottimi romanzi, molti altri discreti o pessimi. E ci furono le grandi specialiste, con alcuni calibri davvero importanti.

Ma andiamo a vederle con ordine, le autrici chiave. Per chi scrive, la prima grande esponente fu la misconosciuta Elizabeth Sanxay Holding, che scrisse non il primo romanzo di suspense  ma il primo capolavoro assoluto, ossia lo splendido "The Blank Wall"  tradotto come "Una barriera di vuoto" , romanzo del 1947 che costruisce l'archetipo perfetto della situazione ideale del genere; tipicissima moglie e madre Americana con marito al fronte che, sola e indifesa, per colpa di una leggerezza dell'irrequieta figlia si trova a fronteggiare personaggi loschi e pericolosi dei quali non avrebbe mai, fino a quel momento, nemmeno sospettato l'esistenza. Tensione  sempre mantenuta altissima in modo magistrale, situazioni al limite dell'assurdo, continui colpi di scena e voltafaccia e finale catartico  da manuale; questo romanzo, amato da Alfred Hitchcock che lo incluse nella raccolta nota in Italia come "I terrori che preferisco" e pubblicato anche da Sellerio, DEVE essere letto dagli appassionati.
 
 

Gli anni quaranta videro anche l'ascesa di colei che resta la più importante esponente del genere, ovvero  Margaret Millar, immensa e tormentata narratrice di storie del brivido che sta al pari di Cornell Woolrich per la capacità di trasformare in un pezzo di ghiaccio la spina dorsale del lettore, ma che per farlo non ha bisogno di creare situazioni completamente assurde e prive di ogni logica come l'illustre collega, limitandosi spesso a esplorare i mostri della mente malata, riuscendo a ottenere situazioni terrorizzanti col minimo degli artifici. Leggere per credere gli splendidi "Sapore di paura" (noto anche come "La cancellata" e con questo titolo incluso in un'altra delle raccolte Hitchcockiane edite a suo tempo da Feltrinelli, ossia "Racconti per le ore piccole") "Occhi nel buio", "La porta stretta", "Una torre per il profeta" e quello che forse è il suo capolavoro assoluto, "Uno sconosciuto nella mia tomba", romanzo del 1960 che è  la summa della sua poetica.
Margaret Millar
 

Altra grandissima scrittrice dalla vita problematica quanto quella della Millar è Patricia Highsmith, maestra del thriller cinico e fatalista e forse inclassificabile in un qualsiasi filone, della quale non ho ancora letto moltissimo ma ho nel cuore un suo romanzo, lo splendido "Carol" di cui è imminente la versione cinematografica con Cate Blanchett e Rooney Mara, storia forse non di pura suspense (anche se gli elementi del genere non latitano certo) ma indispensabile, magistrale ritratto dell'America dell'inizio degli anni cinquanta, con la giovane protagonista che lavora in un grande magazzino nel quale incontrerà una donna bellissima ed enigmatica della quale, pian piano, si innamorerà. Eh si, proprio un amore tra due donne negli USA perbenisti del tempo, libro scottante che fu pubblicato sotto pseudonimo nel 1952 dalla giovane autrice e che girò in modo "Clandestino" per molti anni; si spera che il film abbia successo e faccia finalmente conoscere questa meraviglia al grande pubblico.
 

Una giovane e bella Patricia Highsmith, e una cover di Carol
 

Negli anni Quaranta si impose anche il talento cristallino di Vera Caspary, autrice dell'immortale "Laura" reso immortale dalle versione cinematografica con Gene Tierney e Vincent Price (da noi nota come Vertigine)  e che scrisse pochi ma ottimi romanzi dello stesso genere fino al 1979, quando col superbo "Il segreto di Elizabeth" (devo decidermi a rileggerlo e recensirlo a parte, perchè merita) chiuse in modo sopraffino la sua carriera; davvero un peccato che in Italia non si siano tradotti più di  4 o 5 titoli di questa scrittrice davvero notevole.
 

Negli anni cinquanta, col sottogenere ormai definito, presero piede altre autrici di grande bravura, tra cui quella che forse, pur non avendo all'attivo grandi capolavori come quelli sopra citati, rappresentò al meglio questo filone con molti titoli di qualità medio-alta che non tradiscono mai; sto parlando di Ursula Curtiss, per la quale ho un vero debole. I suoi romanzi ad altissimo tasso di suspense, con un dramma che spesso nasce tra le rassicuranti mura domestiche (demolendo quindi il mito della "Home sweet home" Americana)  tendono a somigliarsi un poco tra di loro, ma riescono sempre ad essere eccitanti grazie a una scrittura collaudata in modo egregio. Per chi scrive, il libro del cuore dell'autrice è "Orrore" ma sono molto belli anche "Uno di noi deve morire", "I fantasmi della signora Marrable" e "Morte di un corvo" ma volete un consiglio? se avete in casa un qualunque romanzo della signora Curtiss provate a leggerlo, sarà comunque un titolo degno di nota.
 
Merita una menzione anche Edna Sherry, scrittrice "arrabbiata" e cinica che negli anni cinquanta e sessanta scrisse alcuni ottimi romanzi, dei quali il più famoso è senz'altro "So che mi ucciderai" (Sudden fear) da cui venne tratto il film omonimo con Joan Crawford e Jack Palance.

 
 
Autrice poco prolifica ma molto dotata era anche Lucille Fletcher, che più che scrivere romanzi collaborò con il cinema (il celebre "Il terrore corre sul filo" con Barbara Stanwyck e Burt Lancaster, fu tratto da un suo radiodramma) e la nascente televisione del tempo, regalandoci vere perle come lo splendido episodio di Ai confini della realtà dal titolo "L'autostoppista" assolutamente imperdibile.

In Italia sono noti solo quattro suoi romanzi, di cui il migliore è senz'altro "Ossessione senza fine" angosciante storia in cui durante una crociera un medico si trova a dover avere a che fare con un'inquietante fanciulla che avrebbe il dono di ricostruire il passato delle persone solo guardandole; situazioni assurde e deliziosamente minacciose, tensione altissima e un finale agghiacciante e perturbante; un must. Anche "Morte presunta" e "La morte aveva i suoi occhi" sono buoni, ma non raggiungono il fascino di "The girl in cabin B-54".
Lucille Fletcher
 

Quelli della Fletcher sono, purtroppo, gli ultimi romanzi degni di nota del filone, che giustamente avrà una sua fine. Ma attenzione che il prossimo mese, nella collana dei classici del giallo Mondadori, uscirà quella che promette di essere una vera chicca di questo sottogenere, ossia "Incubo" di Anne Blaisdell, pubblicata a suo tempo nella collana delle tre scimmiette Garzanti e finalmente riproposta; si tratta di un romanzo del 1962, finalista del premio Edgar, dove a quanto pare c'è una dolce e innocente fanciulla che finisce nelle grinfie di una diabolica aguzzina...
 
...Più "female suspense" di così, che volete?

martedì 8 settembre 2015

"INTRIGO IN COSTA AZZURRA" DI RHYS BOWEN.


Parliamo, per una volta, non di uscite antidiluviane  ma di un giallo ancora fresco di stampa nelle edicole, che ho subito comprato (e letto in appena due sere) per l’enorme affezione che ormai mi lega a questa autrice Gallese classe 1946, per combinazione l’anno di nascita ( o meglio, della rinascita) della collana poliziesca più prolifica e importante di sempre.

Nei giorni scorsi la stessa redazione del GM ha dichiarato che la Bowen è l’autrice in assoluto più venduta attualmente nella collana. In molti si sono chiesti perché, ma non è molto difficile da spiegare; è una scrittrice molto piacevole e molto furba, che ha dalla sua uno stile veramente fresco e  frizzante (mai trovata una sua pagina tediosa, fino ad adesso) un vero talento nel creare personaggi accattivanti che appaiono, scompaiono e riappaiono in un ormai collaudato carosello, e soprattutto un’ottima abilità nel ricreare un’epoca ormai leggendaria, l’Inghilterra e l’Europa degli anni trenta del secolo scorso che ormai, assieme all’epoca Regency e Vittoriana, è entrata nell’immaginario collettivo come palcoscenico di un’epoca che fa sognare a occhi aperti, a patto ovviamente di dipingerne solo i lati positivi o usare quelli negativi tutt’al più per fare sensazione.

Sinceramente la serie di Lady Georgianna Rannoch, ormai giunta al quinto romanzo ( e una volta tanto pubblicata dall’inizio e con regolarità dal GM ) pur divertendomi non l’avevo mai recensita sul presente blog perché mi pareva un filo poco seria e approssimativa sul versante giallistico; delle ottime commedie brillanti con spruzzatine di elementi polizieschi possono fare un romanzo piacevole, ma certo non un buon giallo. Ma evidentemente l’autrice, dopo aver scherzato fin troppo con il nostro genere preferito nello scombiccherato “Sangue reale” quarto titolo della serie che presenta elementi giallo/horror che si riveleranno alla fine più parodistici che altro, imbastisce infine oltre a un romanzo impeccabile per stile e garbo anche una trama gialla non dico robusta ma che sta su senza troppi problemi.
 
Copertina dell'edizione originale
 

In questa serie, dopo i tetri Carpazi del romanzo precedente, si continua a viaggiare, stavolta sull’affascinante, colorata e assolata costa Azzurra. In questa occasione la protagonista Lady Georgianna Rannoch, aristocratica di alto lignaggio (cugina del principe, trentaquattresima in linea di successione al trono) ma in disastrose condizioni economiche e costretta per questo a impiegarsi in incarichi indiscreti (che poi assumono puntualmente contorni di missioni di spionaggio )  per conto della Regina stessa. Bella ragazza bionda di 22 anni, intelligente e di spirito ma irrimediabilmente goffa e insicura, potrebbe sposare un qualsiasi pari o principe straniero danaroso  ma preferisce spasimare d’amore (e conservarsi intatta) per il bel Darcy O’Mara, come lei nobile e come lei squattrinato e costretto a campare di espedienti.  Georgianna, Georgie per gli amici (quindi anche per noi lettori) ha una madre bellissima di origine “plebea” che dopo la morte del marito, pari del regno e padre di Georgie, passa da un fidanzato facoltoso all’altro, sfruttando la sua avvenenza fino a che le rimane. Georgie ha anche un fratellastro, Binky, di buon cuore ma tenuto sotto il tacco dall’odiosa moglie Fig, che detesta Georgianna e le cerca in continuazione un buon marito per togliersela dalla vista e dall’esiguo bilancio familiare. Poi c’è Queenie, disastrosa cameriera personale della nostra eroina, una ragazza pesante e dall’aria bovina che non riesce a eseguire nemmeno l’ordine più semplice ma dimostra di volere un bene dell’anima alla sua padrona; Georgie la tiene con lei perché non può permettersi di meglio, ma anche perché ha finito per affezionarlesi. Personaggio importante è anche Belinda, amica d’infanzia bellissima ed estremamente disinibita, avventuriera senza scrupoli ma lealissima con Georgie, e spesso coinvolta nelle avventure dell’amica (è incredibile come ogni volta tutti i comprimari della serie si incontrino per caso nel luogo preposto per la vicenda…). Per finire, altro notevole comprimario è il vecchio nonno di Georgie, chiamato appunto, semplicemente, “Il nonno”, pacioso e saggio poliziotto in pensione che vive in una villetta nei sobborghi di Londra, dove spesso la nipote si reca ( in gran segreto, sia mai che una Lady frequenti un popolano, seppur suo diretto congiunto) in cerca di consigli e…un pasto caldo.

Questi personaggi del cast “fisso” della serie, ai quali ovviamente si aggiungono quelli che popoleranno l’avventura in corso, sono ottimamente caratterizzati, e bene o male il lettore si affeziona a tutti loro.
 
 

Come detto, in questa occasione saliamo sul famoso treno azzurro che in quegli anni leggendari trasportava i ricchi Inglesi dalle brume di Calais al sole della riviera di Nizza e dintorni, ideale per svernare tra feste in villa e casinò; ora, secondo me la Bowen però, ambientando il romanzo in pieno Gennaio,  pecca di eccessiva fiducia nelle temperature miti della Cote d’azur; certo non sarà gelida e tetra come l’Inghilterra, ma qui si narra di persone che vanno in giro con abiti leggeri o prendono il sole sulla spiaggia; io sono capitato nella vicina Bordighera in inverno e vi assicuro che non c’era nemmeno da pensare di togliersi il cappotto! Ma evidentemente i lettori Anglosassoni lo credono possibile, ed è giusto accontentarli.

La povera Georgie viene mandata in vacanza da quelle parti dalla Regina,con il compito di recuperare un’antica tabacchiera dlla collezione reale che a quanto pare è stata rubata da Sir Toby Groper, ricco parvenu esponente di una nobiltà divenuta tale non per lignaggio ma per meriti economici, categoria vista come fumo negli occhi dai nobili autentici. Georgie dovrebbe riuscire a farsi invitare nella villa del magnate e recuperare l’oggetto senza dare nell’occhio. La ragazza accetta se non altro per raggiungere il fratellastro e tutti gli amici che l’avevano lasciata tutta sola a Londra.

Ovviamente le cose non andranno lisce affatto, ma tra una disavventura e l’altra, omicidio compreso, Georgie conoscerà tante persone affascinanti, tra cui un bel Marchese Francese che sembra scalzare l’ambiguo Darcy dal suo cuore e la grande Coco Chanel in persona, che le chiederà di sfilare per lei….

La trama, tutta tra bella gente in vacanza con segreti più o meno scottanti e inconfessabili, fila liscia come l’olio fino al finale, che di solito era il punto debole dei romanzi di questa serie e che invece stavolta convince, regalandoci anche un interessante risvolto perturbante, con una inquietante sosia di Georgie che appare di quando in quando…
Insomma, io l’ho trovato un ottimo romanzo, che può divertire molte categorie di lettori, giallofili compresi, e che spiega come la Bowen sia l’autrice più apprezzata dal grande pubblico, pubblico che come il sottoscritto arriva in gran parte alla sera stanco morto e cerca libriche certamente non resteranno nella storia del genere ma che intrattengano alla grande, e in questo la Bowen riesce da maestra.

mercoledì 2 settembre 2015

I GIALLI MONDADORI DI SETTEMBRE, E LA "QUERELLE" ANNESSA.

Il Giallo Mondadori, come si sa, è cambiato. Non più cinque uscite mensili ma tre (che poi, prima della collana Sherlock, storicamente erano quattro, quindi a ben vedere si è perso solo un titolo, non due), cosa dovuta non credo al masochismo della casa editrice o a chissà quale altra misteriosa ragione, solo a un drastico calo di vendite che ha fatto si che la collana ridimensionasse la sua portata. In ogni caso, anche se meno ricco, il piatto del GM continua a essere gustoso, e non poco, come quegli chef che, con pochi ingredienti a disposizione, riescono a tirare fuori un pasto sorprendentemente soddisfacente.
Il giallo inedito vede continuare decisamente il filone "in rosa"; dopo Anne Perry e Ruth Rendell, due autrici di grido i cui diritti di traduzione non credo vengano regalati (giusto per notare lo sforzo della collana di proporci titoli degni) abbiamo Rhys Bowen, invisa ai giallofili ma molto venduta in quanto i suoi romanzi sono assai godibili, e specialmente la serie di Lady Georgianna Rannoch, della quale si propone la quinta avventura in ordine cronologico, dal titolo "Intrigo in costa Azzurra"  è addirittura spassosa, quasi una parodia del genere, con un'eroina adorabile, pasticciona e perennemente squattrinata (pur essendo aristocratica e imparentata con la regina stessa) che si caccia in avventure a sfondo giallo-spionistico che risolve con più fortuna che acume. Come detto la serie non ha nessuna pretesa di "Buon poliziesco" sono romanzi  di puro cazzeggio che però una volta all'anno ci possono stare eccome.




Nella collana dei classici abbiamo un ennesimo Gardner con "Perry Mason e la rossa ambiziosa" e per finire, nella collana Sherlock, abbiamo un ennesimo SH contro Jack lo squartatore, in "I delitti di Mayfair" di David Britland.

Ora, siccome nel mese scorso sul blog del giallo c'è stata una discussione anche un po' animata sulla qualità di queste uscite, io ribadisco il mio punto di vista, ossia quello del sostenitore di questa linea editoriale e di queste uscite, dopo un legittimo primo momento di perplessità ma che adesso, visto che la redazione del GM ha finalmente spiegato le ragioni di tali scelte, mi trova d'accordo fosse altro che per un mero senso pratico.

Mi spiego meglio. Romanticamente, sarebbe simpatico trovare ogni mese uscite inedite di grandi autori della Golden-age magari non solo Anglosassoni, e vedere ristampate nei classici delle bellissime palmine dimenticate come "La dama di compagnia" della Belloc Lowndes" o "Una voce nelle tenebre" di Eden Phillpotts; peccato però che, così facendo, si masturberebbe si l'ego di quelle poche centinaia (ma forse sono troppo ottimista, diciamo poche decine) di giallofili Italiani, ma la collana andrebbe a picco nel giro di cinque o sei mesi; perché per ogni editore, dal più caciarone al più snob, contano prima di tutto le vendite, e come si dice a Firenze "senza lilleri 'un si lallera", e per questo motivo è perfettamente inutile protestare o indignarsi per le continue riproposte di Gardner nei classici; quest'ultimo è un autore molto famoso che praticamente non è stato mai proposto in libreria, rimanendo confinato nel circuito delle edicole, e siccome la gran parte del pubblico non ha tempo e voglia di dannarsi l'anima in bancarelle e mercatini per cercare le precedenti edizioni proposte nel GM,  è contento di prendersele in edicola, e non faccio fatica a credere che Gardner sia molto venduto, così come Stout quando una volta l'anno lo ripropongono. Il futuro della collana dei classici sarà questo, sempre più autori famosi e titoli arcinoti e sempre meno "obscure pearl" dimenticate negli archivi come ad esempio "Le pentole del diavolo" di Nicholas Blake, uscito lo scorso marzo quando ancora le uscite erano due al mese; con un solo titolo a disposizione, se la collana vuole sopravvivere, si deve andare sul sicuro.

Di chi è la colpa di tutto questo? del lettore medio troppo pigro e di palato poco fine? no, d'altra parte ognuno ha i suoi gusti, e seppur amante del giallo classico ammetto benissimo che la maggior parte della gente cerchi cose più emozionanti e adrenaliniche, in fondo l'intrattenimento di massa è votato ormai alle tinte forti e ai toni alti, il nostro tempo è questo e c'è poco da fare.

E anche il giallo inedito sinceramente ha presentato, in quest'ultimo anno, delle uscite eccellenti, e criticarlo è anche abbastanza crudele; oltre alla Perry e alla Rendell, non abbiamo forse avuto anche Thomas Cook, William Kent Krueger e Bill Pronzini, autori che sono il meglio del meglio nel panorama giallistico contemporaneo? e l'inedito di Freeman, una chicca vintage per appassionati, ce lo siamo già scordato? Insomma, a me sembra che l'attuale gestione sia ottima, che punti alle vendite ma senza rinunciare alla qualità, e se quando c'è stato da criticare ho criticato, stavolta invece plaudo senza riserve, almeno per adesso.
E per chi vuole riscoperti i grandi autori del passato, cosa che farebbe certamente anche la mia gioia, consiglio  di sperare in una nuova realtà come la fu Polillo, che certo era encomiabile e proponeva cose davvero importanti, ma era costretta a farle pagare un botto e col tempo ha chiuso perché di gente disposta a un esborso non indifferente ce n'era sempre meno, e quindi se una casa editrice specializzata piuttosto affermata ha dovuto chiudere i battenti per scarse vendite, ciò la dice fin troppo lunga sul reale interesse del lettore Italiano verso il giallo vintage, e sinceramente non credo che qualche altro editore sia così "avventuroso" da ripercorrere una strada così rischiosa; magari si può sperare in proposte isolate tipo quelle della Castelvecchi, ma una collana a tema ce la possiamo proprio scordare, credo, e quindi non ci rimane che  fare buon viso al gioco per nulla cattivo del buon vecchio GM, almeno fino a che rimane sulla breccia.