giovedì 13 novembre 2014

“ARSENICO” , DI RICHARD AUSTIN FREEMAN.


Di Austin Freeman ho già parlato in precedenza, ma amo ripetermi. E’ stato un grande giallista e anche fortunato, visto che  nei primi anni dieci in cui esordì non c’era una grande concorrenza come nei decenni successivi, cosa che gli permise di dominare la scena per molto tempo. Visse due stagioni creative distinte, la prima, la più celebrata, tra il 1907 e il 1914, poi riprese  a scrivere nel 1922 e pubblicò in maniera abbastanza feconda fino al 1942.

I primi romanzi dell’autore sono i più famosi e ristampati, anche perché in un qualche modo rivoluzionari; con la figura del dottor Thorndyke si inaugurò l’era del giallo scientifico, degli indizi vagliati con metodi scientifici, passati ai raggi X e trattati con soluzioni chimiche; negli ultimi romanzi dell’autore la figura dell’anatomopatologo intelligentissimo e bello come una divinità Greca risulta forse abbastanza datata, ma è un dato innegabile che per decenni essa rimase ineguagliata. E per uno volta lo slogan che si legge ogni volta che si ristampano le avventure di Thorndyke, ovvero “L’antenato di Kay Scarpetta” è abbastanza veritiero e pertinente, anche se in Freeman non troverete mai la morbosità e dettagli troppo raccapriccianti dei thriller contemporanei.

“Arsenico”, il romanzo di cui parlerò in questa occasione, fu pubblicato per la prima volta nel 1928 (titolo originale; As a thief in the night) e per qualche ragione inspiegabile non è famoso come “L’impronta scarlatta” o “L’occhio di Osiride” o ancora “Il testimone muto”; peccato mortale, perché Arsenico è un vero e proprio capolavoro, un romanzo di una bellezza che toglie il fiato e perfettamente compiuto in ogni sua componente.

La storia all’inizio è abbastanza ordinaria; muore un uomo di 57 anni, Arnold Monkhouse, dalla salute precaria e invecchiato prematuramente. Apparentemente sembra una morte come tante, ma il fratello del defunto, un reverendo, ordina un’autopsia del cadavere, e nello stomaco di esso viene trovato l’Arsenico citato nel titolo. Siccome il morto faceva una vita molto ritirata e non riceveva nessuno, i soli sospettati sono la moglie Barbara, ancora giovane e bellissima, Magdalene, una fanciulla da lui adottata seppur mai legalmente, il segretario- factotum cocainomane e innamorato pazzo di Barbara e infine il protagonista e narratore, l’avvocato Rupert Mayfield, un grande amico d’infanzia di Barbara, a cui lo legava e lo lega tuttora un rapporto di grande affetto, reso tale anche dalla comune perdita di Stella, un’orfana (come Magdalene…) adottata dal padre di Rupert e che formava con quest’ultima e Barbara un trio inseparabile, un grande affetto che si sgretolerà solo dopo la dipartita di Stella causa TBC.

E’ chiaro fin da subito che il colpevole è uno degli intimi del morto, e anche Mayfield stesso è tra i sospetti; e quest’ultimo, per ottenere chiarezza, consulterà il suo amico dottor Thorndyke, che porterà alla luce una verità agghiacciante e dolorosissima, che lascerà un segno indelebile nella vita dei protagonisti.

Nella prima parte del libro assistiamo all’esposizione in tribunale di tutto il  caso; si espongono con disinvoltura dettagli abbastanza inusuali per il periodo come le condizioni dei tessuti muscolari, il contenuto dell’interno dello stomaco e l’esame delle feci del morto; il tutto con estremo tecnicismo, sempre però interessante e rilevante ai fini della trama.

Ma Freeman era uno scrittore di troppo spiccata sensibilità per limitarsi a scrivere un thriller legal-procedural freddo e impersonale, e infatti alterna alle crude descrizioni passaggi idilliaci tra i vari protagonisti, confessioni amorose sussurrate a bassa voce, dolcissimi ricordi del passato perduto e soprattutto quelle meravigliose passeggiate nella Londra del tempo che sono una vera e propria cifra stilistica dell’autore. Si arriva ai capitoli finali senza il minimo sbadiglio e sempre più desiderosi di conoscere lo scioglimento  della vicenda, anche se, come detto, esso sarà pieno di amarezza e non conoscerà consolazioni di sorta, anche per colpa del granitico Thorndyke, amante della giustizia e della verità a ogni costo, ma in questa occasione  pecca di eccessiva fede in essa, palesando dettagli che forse era meglio tacere; luce completa sul caso, ma ombre nella vita futura di più di un protagonista.

Apparso per la prima volta nelle palmine col numero 107 (l’edizione in mio possesso) e ristampato in anni recenti nei classici, “Arsenico”  è un romanzo eccezionale che ogni giallofilo dovrebbe avere nella sua biblioteca, un’opera d'arte senza mezze misure.

 

PS la copertina di Abbey per l’edizione anni trenta è bella ma un poco “spoilerosa” e quindi ho deciso di non pubblicarla.

5 commenti:

  1. Questa tua recensione mi ha molto incuriosito. A dire il vero, ho sempre snobbato questo titolo -ma senza particolari motivi- quindi sapere che è così bello mi fa sentire terribilmente in colpa : lo leggerò al più presto!
    Alla fine dell'articolo definisci Thorndyke come " granitico, e amante della giustizia e della verità a ogni costo". Ecco, dopo questa tua affermazione ti consiglio di leggere "La svista del Signor Pottermack": il finale potrebbe sorprenderti! ;)

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  2. Mi spiace tanto, caro Yue, ma purtroppo ho una maledizione legata al signor Pottermack, non mi riesce di trovarlo nemmeno a piangere! Quindi spero di verificare prima possibile ciò che asserisci, almeno vorrà dire che lo avrò nella mia collezione! ;)

    In ogni caso, per come ti conosco, credo che Arsenico potrà piacerti moltissimo.

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  3. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

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  4. Grazie per avermi fatto scoprire questo libro e complimenti per il blog. Stronca o esalta i titoli non solo in base alla perfezione dell ingranaggio su cui regge il mistero ma anche in base alle emozioni e alla mera capacità di intrattenere il lettore. Alla fine i gialli sono romanzi come gli altri, non quadri elettrici industriali. Quanto a As a Thief in the Night mi ha davvero sbalordito per la violenza con cui prende il lettore e lo inserisce nell' atmosfera e nei panni dei personaggi. Libro triste,impeccabile, intenso ma delicato come un acquerello, come sempre d'altronde ( Affare D' arblay a parte forse) con i libri di questo grandissimo scrittore, scrittore in generale intendo,non solo crime novelist. Poi ti insegna e istruisce sempre su qualche questione o materia particolare. È stata davvero una lettura intensa e mi sono sentito davvero vicino a Rupert Mayfield. Solo Ethel Lina White in Some must Watch e La signora scompare, e Masterman con An Oxford Tragedy mi hanno commosso e colpito così. Nonostante tutti i gialli vertano su eventi drammatici o terrificanti chissà come sono pochissimi quelli che t tengono sulle spine o torcono le budella. Di solito rilassano o divertono!
    Approfitto per chiedere un parere su Michael Innes. Insieme a Freeman è l autore che più leggo e ammiro. É davvero portentoso e geniale, e i lunghi passaggi prolissi e stravaganti per cui viene detestato e definito pachidermico non mi urtano affatto,anzi, li trovo funzionali e azzeccatissimi a trascinare il lettore fuori dal mistero tout court e immergerlo più a fondo nella location e nelle teste dei personaggi.
    Comtinui così,la seguirò quotidianamente

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  5. Grazie mille Giordano (mi scuso per il ritardo nella risposta) lei è davvero gentile e ha compreso appieno lo spirito del mio blog, cosa che mi fa sempre piacere. SOno d'accordo con lei sull'altissimo tasso emotivo di questo capolavoro, un libro davvero commovente che travalica la letteratura di genere per diventare un grande romanzo tout court, esattamente come gli altri due da lei citati.
    Su Michael Innes confesso con un poco di vergogna di essere digiuno; ho due suoi romanzi ma ancora non ho avuto modo di leggerli, il suo giudizio entusiatico però farà scalare loro alcune decine di posizioni nella mia pila di libri da leggere.
    Se continua a seguirmi mi farà solo piacere. COrdiali saluti, Omar.

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