martedì 16 settembre 2014

“IL MISTERO DI JACOB STREET” , DI RICHARD AUSTIN FREEMAN.


 

Con Freeman, prima di adesso, ero andato in perfetto ordine cronologico; avevo recensito prima il suo buon romanzo d’esordio “L’impronta scarlatta” e poi il capolavoro “L’occhio di Osiride”, il suo secondo romanzo col geniale Anatomopatologo- detective John Thorndyke.

Invece, ora, faccio un salto di ben trentasette anni, dal 1912 al 1949, per andare a recensire l’ultimo dei suoi romanzi polizieschi con Thorndike, letto d’un fiato in una domenica di pioggia. Il libro si intitola “Il mistero di Jacob Street”, ed è un oggetto davvero singolare.
 

Innanzitutto per lo stile, per la tematica, per la Londra del secondo dopoguerra che rappresenta, lontana anni luce da quella dell’occhio di Osiride, cosi come remoti sono gli amori edoardiani come quello tra, che confidano i propri sussurri del cuore davanti alla statua di Artemidoro al British museum (che cosa splendida, chi non ha questo volume recentemente ristampato dalla Polillo corra a procurarselo); no, tra questi due libri c’è un salto ancora più netto tra quello che può esserci, parlando ad esempio della Christie, tra “Poirot a Styles court”, quintessenza della vecchia Inghilterra, e “Un delitto avrà luogo”, il romanzo dell’amarezza e delle disillusioni post-conflitto.

Il mistero di Jacob Street è un romanzo strano, sbilenco, pieno di difetti e approssimativo in molti punti, ma è forse un romanzo unico, con un fascino “malato” che anche oggi lo rende estremamente interessante.

Le prime cinquanta delle 130 pagine del volume della Compagnia del giallo Newton (edizione integrale tradotta per l’occasione) sono dedicate al mondo dei pittori della Londra dell’epoca; come in altre occasioni (Cinque piste false di Dorothy Sayers, Artisti in delitto di Ngaio Marsh) viene dato ampio spazio all’affascinante microcosmo degli artisti, ai tempi ancora più intrigante in quanto gli artisti erano spiriti molto più maudit e misteriosi di adesso, dove ormai la trasgressione non accompagnata da talento alcuno è alla portata di chiunque.

Dopo tutta questa introduzione, nella quale in pratica un pittore fa amicizia con una strana donna, affascinante e imperscrutabile, amica che poi sembra preferire alla sua compagnia quella di un gentiluomo di colore (anche questo amore interrazziale adombrato più volte è un elemento abbastanza forte, che certo non poteva essere proposto nei primi libri) e a un certo punto la donna sparisce nel nulla. Dopo questa premessa, la storia poliziesca prende lentamente forma fino ad arrivare, con un poco di fatica e parecchi tempi morti, a una verità scioccante, addirittura perturbante, che ai tempi non avrà mancato di stupire e magari agitare il sonno di qualche benpensante.

Romanzo verboso, disilluso, con un mistero macchinoso e non sempre avvincente, abbastanza cupo pur nell’atmosfera svagata e conviviale della prima parte, “The Jacob Street Mystery” va preso come il lavoro senile di una persona che era anche troppo cosciente dei tempi irrimediabilmente cambiati, e volesse intraprendere un nuovo percorso creativo, una nuova espressività, una piccola rivoluzione che la morte ha giocoforza interrotto. Un Freeman, come detto,  comunque affascinante e da leggere,  ma per ultimo, prima godetevi i capolavori degli anni dieci e dei primi anni venti, il periodo in cui Freeman era forse il miglior giallista in circolazione, un perfetto ponte tra Doyle e Chesterton e Van Dine e la Christie.

 

3 commenti:

  1. Bé ... non credo che questo lo prenderò! Invece cercherò 'L'Occhio di Osiride' anche se 'L'impronta scarlatta' non mi era piaciuto tanto. p.s. Nel post non hai messo i nome dei due innamorati che confidano i propri sussurri del cuore.

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  2. Non so se conosci quest'altro blog che parla di vecchissimi gialli Mondadori: http://lamortesaleggere.myblog.it/

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  3. CIao Niki! nell'occhio di osiride i due innamorati sono gli unici 2 giovani del libro, non dovrebbe essere difficile individuarli! SI, quest'altro blog lo conosco da tempo, grazie.

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