Immaginatevi una strana famiglia inglese aristocratica e ultra-iper-snob dell’inizio del secolo scorso, composta dal capofamiglia, dalla moglie e da ben sette figlie e figli, un solo maschio che morirà nella seconda guerra mondiale e ben sei figlie, tutte a loro modo uniche e inimitabili nel bene e nel male; la Primogenita Nancy diventerà una bravissima scrittrice che con la sua penna intrisa di veleno deriderà proprio quell’aristocrazia della quale faceva parte, poi Diana, definita la donna più bella del suo tempo da Evelyn Waugh, che sposerà il capo dei fascisti inglesi Oswald Mosley; senz’altro una dilettante però a confronto di Unity, che diventerà nientemeno che l’amante ufficiale britannica di Hitler.
Poi Pamela,sgraziata e bruttarella,che passò tutta la vita ad allevare cavalli, infine Deborah detta Debo, una principessina raffinata e sognatrice che a vent’anni sposerà nientemeno che l’undicesimo duca di Devonshire e dedicherà la propria lunga vita (non ancora conclusasi, in quanto è l’unica Mitford ancora viva) a dare lustro alla sua principesca residenza, Chatsworth House, tuttora una delle più importanti e prestigiose dimore del sedicesimo secolo.
E infine c’è Jessica, l’autrice di questo libro straordinario di memorie autobiografiche su di lei e sulla sua famiglia; Jessica la comunista, la “Red Sheep” in una famiglia di incredibili snob conservatori ; Jessica,con la coerenza estrema di tutte le sorelle Mitford ( la frase culto del libro è “ovviamente, tutte noi non mettevamo nemmeno in dubbio per un istante che non saremmo riuscite a raggiungere i nostri obiettivi, quali essi fossero” ) abbraccia ciecamente la fede comunista e scappa di casa assieme a Esmond Romilly, anch’esso un giovane aristocratico imparentato tra l’altro con Churchill,per andare prima a combattere contro Franco sul fronte spagnolo (non ci arriveranno perchè CHurchill stesso manderà un cacciatorpediniere a ripescarli), poi il loro matrimonio contro tutto e tutti e la loro vita spensierata e bohemienne prima nell’east end di Londra e poi in America a vivere più o meno di espedienti,fino alo scoppio della seconda guerra Mondiale in cui Romilly lascerà la moglie e la figlia neonata per andare a combattere per il suo paese e non fare mai più ritorno; si inabisserà infatti col suo aereo nelle gelide acque del mare del nord.
Il libro è talmente bello, ricco e vario che non si sa da dove cominciare a parlarne; io preferisco la prima parte ambientata nella residenza dei Mitford, dove viene descritta la quotidianità di questa pazzesca e scombinata famiglia, che risiede a Swinbrook House, una tenuta nelle campagne vicino ad Oxford, nel più totale isolamento (nonostante il lignaggio non erano ricchi, la vita sociale era ridotta a trattenimenti coi fittavoli e qualche evento a corte) nel quale le bambine crescevano allo stato brado e abbandonate a loro stesse.
Autentiche perle sono i discorsi del capofamiglia, il barone David Freeman-Mitford detto Farve, un tipetto davvero niente male (Jessica stessa definisce i genitori due fascisti nati). La figlia ne fa un ritratto spregiativo seppur affettuoso, lo chiama il vecchio subumano ma non può fare a meno di ammirarlo. DI lui fa descrizioni come “mio padre verso gli stranieri era giusto, per lui tutti gli sporchi non inglesi erano uguali” oppure riporta aneddoti pazzeschi come quando,venendo a sapere del matrimonio di una cugina con un nobile Argentino di pura discendenza spagnola, commentò dicendo “ho saputo che Fanny ha sposato un negro”. Oppure di quando votò contro l’ingresso delle donne nella camera dei Lord perchè “avrebbero occupato tutto il tempo l’unico bagno disponibile”.
Poi la vita con le sorelle; Le primogenite Nancy e Diana vengono da lei viste come due semidee, mentre il fratello Tom ,detto Tuddemy, è solo un poveretto da vessare, tantopiù che sopporta in silenzio gli scherzi reiterati delle sorelle minori.
Con Unity e Deborah ha un rapporto perlopiù conflittuale “Eravamo troppo vicine di età per poter essere amiche” ma comunque intenso; inventano il boudledidge, ossia un linguaggio in codice capibile solo da loro per parlare male di genitori e parenti in loro presenza,e poi giochi come “are, ure, are, cominciare” nel quale si deve resistere il più a lungo possibile a fortissimi pizzicotti e altre carinerie del genere; tormentano tutte le istitutrici che capitano loro facendole scappare dopo poco tempo, fino a quando ne incontrano una che le porta a rubare dolce e piccoli oggetti nei negozi, cosa che ne fa la loro beniamina.
Gli anni passano,e tra i matrimoni delle sorelle e il debutto in società, si passa alla seconda parte, ben più cruda e drammatica; lo scoppio della seconda guerra mondiale, l’adesione al nazifascismo da parte di Diana e Unity e il tentato suicidio da parte di quest’ultima che, disperata per l’apertura delle ostilità tra le due nazioni che amava, si sparò un colpo alla testa; non morì , ma di fatto rimase menomata fino alla morte,avvenuta nel 1948 dopo una meningite.
Jessica lascia di fatto la sua famiglia al suo destino per descrivere la sua picaresca vita assieme ad Esmond, dove in pagine irresistibili nelle quali il comico e il drammatico si alternano senza soluzione di continuità descrive la lotta per la sopravvivenza di due giovani di nemmeno 20 anni allo sbaraglio, che per scelta voltano le spalle alle rispettive famiglie, si sposano in segreto e conducono una vita errabonda e bohemienne; due giovani che si amano in modo profondo ed estremamente entusiasti,ma sprovveduti e totalmente inadatti a cavarsela da soli, tanto da lasciare morire di Morbillo la figlia primogenita perché “non sapevano bene cosa fosse un vaccino e dove bisognasse farlo”; una pagina terribile che l’autrice scrive con estrema nonchalance, quasi fosse un fatterello senza importanza. Dopo la tragedia la coppia parte per far fortuna in America, dove torneranno a condurre una vita degna di Jack Jerouac, tra amicizie discutibili, lavori saltuari come venditori di calze porta a porta e barman in loschi locali gestiti da italoamericani e cosi via;. per cui il libro, che nella prima parte è un documento pressochè unico della gentry al suo apogeo, diventa una grande testimonianza della vita negli States dell’epoca.
Nell’ultima parte i toni si fanno più maturi e posati; la coppia ha un’altra figlia, ed Esmond decide di tornare in Inghilterra a combattere contro i nazisti; lascia la moglie e la neonata in una confortevole Farm nello stato di Washington, la saluta con un bacio e se ne va. QUi il libro si interrompe, visto che Esmond non tornerà e l’autrice dice che “mentre guardavo svoltare la macchina che portava via Esmond, mi sentii come se un pezzo della mia vita fosse concluso e ormai dietro le spalle”.
Tra i tanti passi memorabili del libro, quello più toccante e commovente riguarda la confessione di Jessica dell’affetto sincero che provava per Unity; anche se sulla carta avrebbero dovuto odiarsi, visto che nella loro stanza una disegnava svastiche e l’altra il simbolo della falce e martello, litigavano furiosamente e si picchiavano selvaggiamente, ciononostante per Jessica la sorella “nazista” fu sempre la preferita, forse perchè il suo esatto opposto, la perfetta altra faccia della medaglia.
Alla fine, per Jessica, Unity è stata una delle tante vittime dell’immensa tragedia del nazismo, travolta da una folle “fede cieca in poveri miti”. Si chiede perchè una persona nata libera, eccentrica, “artista e poetessa nata” come Unity si fosse improvvisamente convertita a quell’ideologia totalitaria, “la più mortalmente conformista di tutte”. Non prova a comprendere le sue azioni, solo crede che l’adesione totale al nazismo fosse solo un modo di dare un volto al suo male di vivere, per giustificare un tentativo di suicidio che forse sarebbe arrivato comunque. Forse un destino in cui tuttora cadono i giovani che si trovano a vivere in regimi totalitari, per colpa dei quali hanno imparato un’odio che in altra sede non avrebbero mai nemmeno provato.
In conclusione “Figlie e ribelli” è un capolavoro assoluto, la bibbia per chi vuole sapere tutto dell’aristocrazia inglese nel periodo del suo massimo fulgore o comunque una lettura imprescindibile per chi voglia semplicemente conoscere una gran bella storia. Senz’altro il libro più bello che abbia letto negli ultimi mesi. Lo pubblica la Rizzoli, e costa 11 euro; spesi benissimo.