martedì 28 maggio 2013

“CHARLIE CHAN E LA CASA SENZA CHIAVI” , IL CAPOLAVORO – NON – CAPOLAVORO DI EARL DERR BIGGERS.




Autore poco conosciuto e ancor meno letto, Biggers è famoso per aver creato Charlie Chan,il panciuto e saggio detective Cinese di stanza alle isole Hawaii, personaggio che ispirò molti film che furoreggiarono negli anni trenta e quaranta (quasi tutti estranei ai romanzi originari di Biggers)  ma che negli ultimi decenni hanno visto veramente in pochissimi.
I libri con protagonista  Chan sono sei, pubblicati sia nel giallo Mondadori che nella collana del giallo economico Newton, e due di essi sono stati riesumati dalla benemerita Polillo, che li ha ripubblicati con impeccabili traduzioni integrali. Uno dei due è questo primo romanzo dell’autore, la casa senza chiavi, uno dei suoi più riusciti e giustamente noti agli appassionati.
Dunque, starete ancora chiedendovi come sia nato lo strano titolo di questo post. Presto spiegato; questo romanzo è ovviamente ascritto al genere poliziesco e considerato un capolavoro del genere,  e io dico che si, è vero, è un capolavoro, ma non di genere. Perchè oggi è bene non leggerlo per la pura trama poliziesca, che è piuttosto buona ma non è davvero nulla di eccezionale, e anche il finale riserva ben poca suspense. Quindi come puro romanzo di genere per me arriva a una sufficienza piena ma non di più.
No,a fare grande il libro è il suo essere innanzitutto scritto  (e tradotto) splendidamente ed essere inoltre il documento importantissimo di ciò che erano le Hawaii negli anni venti; un crocevia miracoloso tra oriente e occidente,dove razze e popoli dimostravano di saper convivere, e sanno dimostrarlo ancora oggi; un romanzo da cui si impara molto in tanti sensi, e che migliora l’umore del lettore, che si ritrova estasiato a sognare di isole meravigliose abitate da un’umanità calorosa e variopinta.
E poi i personaggi,così veri, vivi, delicati e finemente tratteggiati; basterebbe la conversazione iniziale tra una donna cinquantenne,la splendida Minerva, e suo cugino Dan; un dialogo pieno di melanconia, di rimpianto per il passato, quasi un’elegia di quel paradiso perduto (già nel 1924  Biggers lo considerava tale,figuriamoci come sarà adesso) che sono le isole del pacifico. E  come non adorare il giovane protagonista  John Quincy Wintherlop, Bostoniano altezzoso e tutto d’un pezzo che soccomberà alla malia delle isole, dove lascerà affiorare la parte più autentica di se stesso e finirà per essere stregato da un’enigmatica e sfuggente bellezza locale (il romanzo è molto bello anche dal punto di vista degli intrecci sentimentali, davvero freschi e garbati).
E poi la figura del detective, il simpatico e flemmatico Chan, così saggio e ponderato, buono e  rispettoso degli altri; in tempi nei quali il cinese era visto come un assassinio spietato e senza scrupoli (vedi su tutti un altro personaggio ormai dimenticato,il dottor Fu Manchu creato da Sax Rohmer) questo personaggio rappresentò una novità assoluta, e ancora adesso lo si apprezza in ogni sua sfumatura; e finisce per restare senz’altro più simpatico di un Holmes o un Poirot, anche se gli enigmi con cui si cimenta non sono nemmeno paragonabili a quelli che affrontano i due titani.
Un libro che comunque, pur nella sua piacevolezza e leggerezza, non esiterei a definire “crepuscolare”. Uso il termine non a caso, visto che per tutto il romanzo Biggers sembra avere ben chiaro il destino delle isole e pur celebrandone l’apogeo ne adombra la non lontana decadenza. Ci sarà la guerra, Pearl Harbor, quelle terre conosceranno il dolore e il sangue e poi diverranno specchietti per le allodole per turisti; la vera grande cultura Hawaiana appartiene alla storia, un poco come Biggers, eccellente romanziere  cristallizzato assieme al suo paradiso Hawaiano. Ma gli amanti della grande letteratura non devono perdersi questo bellissimo romanzo, che anche grazie anche all’ottima traduzione della Polillo merita ancora di essere letto e amato. Un po’ come certi Maigret di Simenon, che sono capolavori a patto di non cercarvi a tutti i costi una grande trama poliziesca.

INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  8/10
-LEGGIBILITA’  9/10
-ATMOSFERA   9/10
-HUMOUR   8/10
-SENTIMENTO   9/10

MEDIA VOTO;  8,8


giovedì 23 maggio 2013

L’EFFETTIVO VALORE ATTUALE DEI RACCONTI POLIZIESCHI DI EDGAR ALLAN POE.





Tutte le guide del giallo, dalle più competenti alle più banali, concordano su una cosa; il genere ha ufficialmente inizio coi racconti di Edgar Allan Poe aventi per protagonista Monsieur Dupin,il primo degli investigatori dilettanti pomposi e infallibili.
Non ho nulla da obiettare a questa affermazione,visto che tra l’altro Poe è stato il mio primissimo amore letterario assieme alla Christie.  E non ho nulla da obiettare nemmeno sulla qualità dei racconti, che per l’epoca era sbalorditiva. Quello che mi viene da chiedermi invece è questo; quanto hanno retto al passare del tempo questi suddetti racconti? possono ancora essere letti come se gli anni non fossero mai passati o sono al contrario dei  pezzi di antiquariato, seppur pregevolissimi?

I racconti con protagonista Auguste Dupin sono 3, e sono i seguenti;

-i Delitti della rue morgue
-il mistero di Marie Roget
-La lettera rubata

e oltre a questi ci sono anche altri racconti polizieschi di Poe obliati dai più ma tutt’altro che trascurabili: parlo di “Sei stato tu!” ,della “Cassa oblunga”  e dello “Scarabeo d’oro”, racconto leggendario dove per la prima volta si parla di crittografia. Più avanti analizzerò anche questi.
Innanzitutto la prima questione; chi li ha effettivamente letti questi racconti?  Magari i delitti della Rue Morgue lo hanno letto in molti,ma il mistero di Marie Roget? e la lettera rubata?

-I  DELITTI DELLA RUE MORGUE ; il primo delitto della camera chiusa che si ricordi, è un racconto geniale e avvincente,a parte le prime pagine dove bisogna sopportare le elucubrazioni dell’autore sulle capacità intellettive necessarie per risolvere vari giochi a enigma; Ma meno male che l’autore sfoggia tutta la sua erudizione all’inizio del racconto, per passare poi a narrare senza troppi fronzoli ulteriori una storia affascinante,macabra e avvincente,con una soluzione (spero davvero la conoscerete, la sanno anche i sassi) che pur essendo fantasiosa ho sempre trovato plausibile e per nulla forzata o esagerata. Questo a parer mio è di gran lunga il migliore dei 3 racconti con Dupin, e quello che meglio ha resistito al tempo.

-IL MISTERO DI MARIE ROGET ; Questo racconto,mi duole dirlo,è a tratti quasi illeggibile.
Qui Poe vuole sfidare la polizia stessa riguardo a un caso che in quel periodo faceva scalpore in America; la sparizione di una giovane donna e il conseguente ritrovamento del suo cadavere. L’autore sposta la vicenda a Parigi e,mediante una interminabile conversazione tra Dupin e un suo interlocutore, ricostruisce il delitto,propone diverse soluzioni scartandole una ad una fino ad arrivare a quella definitiva; per la cronaca,pare che Poe avesse effettivamente intuito com’erano andate veramente le cose.
Intendiamoci,il racconto è superbo e impeccabile dal punto di vista narrativo,ma lo stile è di una pesantezza quasi insostenibile; ciononostante vale la pena di fare uno sforzo pur di leggerlo,ma non vi aspettante un avvincente racconto d’evasione ma piuttosto l’esposizione di un rigoroso teorema.

-LA LETTERA RUBATA; racconto paradigmatico del concetto de “il miglior nascondiglio possibile di un oggetto è nel posto in cui è più visibile a tutti”. Questa particolarità ne fa un racconto molto famoso e celebrato ( lo menzionarono nelle loro opere Freud,Proust e Sciascia) ,ma a dire il vero la storia è farraginosa e piena di divagazioni, e da questo punto di vista risulta abbastanza datata;come negli altri racconti con Dupin  protagonista il discorso sul raziocinio e sulle capacità della mente umana di risolvere enigmi si fa preponderante, e finisce oggi per appesantire irrimediabilmente la narrazione.
In definitiva,i racconti con protagonista Dupin sono inappuntabili e spesso geniali nei contenuti ma sono pesanti,poco scorrevoli e artificiosi,e anche un attimino autocompiaciuti; l’autore (ma questo in moltissimi suoi scritti) teneva molto a fare sfoggio della sua erudizione, non immaginando certo che questo avrebbe invecchiato irrimediabilmente i suoi lavori. Tra l’altro questo era il modo di scrivere che andava per la maggiore nell’America del tempo,anche Hawthorne e Melville soffrono di senescenza per i medesimi motivi, ed è un fatto che questi autori della prima fioritura di grande letteratura americana si leggono sempre meno ogni generazione che passa. E infatti ormai questi tre mitici racconti polizieschi risultano avere il sapore dei film di Griffith, più importanti che veramente godibili; mentre invece la successiva generazione di autori del mistero Britannici come Collins e Conan Doyle risultano ancora  fruibilissimi e per nulla invecchiati; forse perchè gli Inglesi per qualche motivo misterioso da sempre hanno rifiutato nella narrativa d’evasione le compiacenze letterarie,le virate nel melodrammatico  e gli sfoggi di erudizione che erano propri di  Americani,Francesi ,Tedeschi e Italiani puntando a divertire il lettore senza inutili orpelli,e per questo le loro opere hanno resistito molto meglio alla prova del  tempo.
Però, per fortuna, i racconti a enigma di Poe non si esauriscono con quelli con protagonista DUpin; nella sua opera ce ne sono altri 3  che possono rientrare benissimo in questo genere, e che personalmente preferisco a quelli più famosi e celebrati perchè scritti dal Poe più ispirato e avvincente.

-LA CASSA OBLUNGA;  Impropriamente compreso nelle raccolte dei racconti del terrore, questa storia non ha nessun elemento soprannaturale ma è a tutti gli effetti un racconto a enigma.
Su una nave diretta a New York il narratore incontra un suo vecchio amico, mister Wyatt; i due si ritrovano con piacere, ma Wyatt  però è visibilmente angosciato e quasi folle in certi suoi comportamenti, e altri misteri gravitano attorno a lui; perchè sua moglie,che aveva descritto anzitempo al narratore come di una donna di bellezza e intelligenza non comuni, è invece alquanto ordinaria e sciocca? perchè le sue sorelle, di solito amabili, sono diventate ritrose e riservate? e cosa c’è nella cassa che Wyatt custodisce gelosamente? le risposte nel finale di questo superbo e avvincente racconto.

-SEI STATO TU! ; qui abbiamo una storia gialla di stampo convenzionale con morti misteriose,innocenti ingiustamente accusati e un colpevole insospettabile (beh, quasi insospettabile) ;un racconto estremamente godibile impreziosito da un finale macabro e grandguignolesco.

-LO SCARABEO D’ORO ; ecco quello che per me è il capolavoro del raziocinio di Poe; perchè il racconto,oltre ad anticipare i cifrari e la crittografia  (che diventeranno elementi ASSAI presenti nel giallo classico) ed essere un impeccabile meccanismo narrativo, è anche una avvincente ed emozionante caccia al tesoro, una delle più belle mai raccontate in letteratura; il capolavoro assoluto del genere è ovviamente l’isola del tesoro,ma questo scarabeo d’oro la segue dappresso. Tra l’altro questo è uno dei lavori di Poe che ho più cari,visto che assieme al gatto nero è stato il primo racconto in assoluto da me letto di questo autore, in una fredda sera di gennaio di tanti anni fa, convalescente da una brutta tonsillite; dall’eccitazione derivata da questa lettura faticai a prendere sonno, e non vedevo l’ora che fosse di nuovo giorno per leggere altri racconti del “meraviglioso ciarlatano”; e ancora oggi questo capolavoro non ha perso un briciolo di smalto,una storia esemplare che arricchisce i ragazzi e fa tornare ragazzi per un’ora gli adulti. E non è poco.

In definitiva Poe, pur avendo pagato dazio al tempo in molte sue opere (chi avrebbe ormai il coraggio di affrontare quei suoi racconti di genere grottesco-bizzarro? io no di certo) per quanto riguarda il racconto a enigma è sempre un autore che vale almeno una lettura, e in certi casi ben più di una. Non sei ancora un caro estinto,caro vecchio Edgar.

martedì 21 maggio 2013

DIETRO LA MASCHERA, DI LOUISA MAY ALCOTT; ovvero il perfetto proto-thriller.





Immaginatevi una ragazza giovane, determinata, affamata di successo ma anche di pane, con una gran voglia di togliersi di dosso il giogo delle rigide convenzioni puritane del New England di metà ottocento, e avrete il ritratto di Louisa May Alcott.



Si proprio lei,quella dei libri delle piccole donne che invecchiando sarebbe diventata più rigida e moralista della gente che rifuggiva in gioventù; ma lasciamo perdere la Alcott vecchia e bisbetica, a noi interessa quella pre-Little women,una bella e intelligente ragazzona di 25 anni dalla mente pronta e dai modi risoluti, fervente sostenitrice dei diritti delle donne e probabilmente lesbica latente (un po i connotati della sua eroina più famosa, Jo March) che scriveva sotto pseudonimi maschili (come A.M. Barnard) torbide ma raffinatissime storie di violenza, sesso, turbe psichiche, incesti sfiorati e altre carinerie; la Mickey Spillane del tempo, tanto per capirci.
E non esagero; questi suoi racconti che uscivano in riviste “forti” trasudavano passione estrema e grande sensualità,e si leggono ancora oggi con estremo piacere; storie fosche tipicamente vittoriane ma narrate in modo più spiccio e diretto,senza troppi orpelli. In mano a un Wilkie Collins i suoi eccellenti soggetti sarebbero probabilmente divenuti dei tomi di quasi mille pagine, e magari sarebbero stati più belli,magari no; fatto sta che la Alcott, pur senza avere la statura maestosa dei colleghi britannici, è sicuramente da ritenersi  la prima grande scrittrice americana di  Mystery, in ogni caso quella che è arrivata fino a noi meno invecchiata.
La benemerita casa editrice Robin ha pubblicato in questi ultimi anni alcuni di questi thriller d’antan, e ho letto ora ora il primo,ovvero “Dietro la maschera” ; se è un caso di buongiorno che di vede dal mattino sono stati i soldi meglio spesi ultimamente, perchè questo libro è un gioiello,un vero piccolo capolavoro nel suo genere.
Ambientato come di prammatica in Inghilterra, il teatro della vicenda è una grande proprietà sperduta nella brughiera, in un’avita magione abitata dai Coventry, una famiglia aristocratica senza il patriarca morto da poco; in essa vivono una nobildonna con due figli maschi,Gabriel ed Edward,e una dolcissima figlia adolescente di nome Bella. Loro ospite una cugina,la bellissima Lucia, tacitamente promessa sposa al primogenito Gabriel; lei è innamoratissima di lui ma Gabriel,al contrario,con lei è freddo al limite dell’indifferenza.
Un giorno, a casa Coventry, arriva una nuova istitutrice,Miss Muir. Parigina, non bella da dotata di un fascino strano e sfuggente, la ragazza fa subito breccia nel cuore di tutti tranne che di Lucia e Gabriel, che invece diffidano subito di lei,e giustamente;  fin dalle prime pagine infatti appare chiaro che la ragazza non è quello che sembra, che uno o più misteri aleggiano attorno alla sua persona; ed ecco che a questo punto il lettore odierno  inizia a diffidare pensando alla solita trita storia della psicopatica in casa altrui, del lupo travestito da agnello; ma qui invece l’autrice comincia a giocare di fino e a ribaltare tutte le aspettative di chi legge, giocando con le psicologie dei personaggi e sfumando sempre  di più il confine tra buoni e cattivi, tra vittime e carnefici, fino ad arrivare a un finale spiazzante e beffardo che lascia sgomenti ben più della tragedia collettiva da grand-guignol che in molti si aspetterebbero.
Ma la bella storia non è il solo punto di forza del libro; essa è stupendamente narrata, con una prosa svelta e scattante ( la traduzione è eccellente) e con l’andare dei capitoli acquista una suspense degna del miglior Cornell Woolrich, e non si ha pace fino a che non si arriva alla fine.
Un romanzo straordinario, da leggersi in tutta tranquillità in una solitaria sera di pioggia, magari sotto un morbido plaid.  

Come detto, il libro è pubblicato dalla Robin,e costa 12 euro.



INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  10/10
-LEGGIBILITA’  10/10
-ATMOSFERA  9/10
-HUMOUR   6/10
-SENTIMENTO   10/10

MEDIA VOTO;  9

domenica 19 maggio 2013

IL CLUB DEI MESTIERI STRAVAGANTI ; UNO DEI (TANTI) CAPOLAVORI DI GILBERT KEITH CHESTERTON.






Strano destino,quello di Chesterton. Famosissimo in patria, da noi lo è diventato in pratica solo dopo lo sceneggiato di padre Brown con Renato Rascel, e adesso che del piccolo prete con l'andare delle generazioni si è perso anche il ricordo, adesso Chesterton sta vivendo un'onda di popolarità tra gli intellettuali cattolici,questo perchè  in pochi anni ( non appena scaduti i diritti) piccole case editrici hanno rieditato in Italiano quasi tutta la sua opera,dalla narrativa ai saggi religiosi fino a quelli letterari; a mio avviso lo hanno abbastanza strumentalizzato ( un po come successo a De Andrè, che ora pare sia stato un santo laico, cosa lontanissima dal vero) ma a mio avviso tradurre e ritradurre Chesterton è stata l'iniziativa editoriale più importante degli ultimi anni; perchè GKC ( con questo acronimo è conosciuto universalmente) era un vero, autentico fuoriclasse della letteratura, uguale solo a se stesso e inimitabile quanto inarrivabile. Se fosse stato un calciatore sarebbe stato un Garrincha,o uno Schiaffino,o un Platini; gente che si muoveva in una dimensione tutta sua,che spesso non finalizzava ma era l'essenza stessa del gioco. Infatti nella letteratura poliziesca si ricordano sempre la Christie, Quenn, Carr e compagnia,ma nessuno di loro,pur avendo scritto di più,pur avendo una maggiore fantasia e talento per le trame ingegnose ed essere rappresentanti del genere,poteva nemmeno lontanamente aspirare a essere uno scrittore bravo come Chesterton. Nella storia  e nella preistoria del poliziesco nessuno,nemmeno Poe, è stato così bravo.
Che poi non lo dico io così per fare l'originale; lo diceva Kafka, lo diceva Calvino. Jorge Luis Borges affermò che “la letteratura è una delle forme della felicità,e nessun autore mi ha dato tante ore felici come Chesterton”. Ora, a casa mia, tre indizi fanno una prova.
Bene, tralasciamo pure gli straordinari saggi di critica letteraria e i pamphlet religiosi, tralasciamo gli impressionanti romanzi allegorici come Il Napoleone di Notting hill,  L'uomo che fu giovedì o La sfera e la croce, e occupiamoci solo della sua produzione “poliziesca” o vagamente tale,visto che nessun suo racconto è un giallo canonico con morto,investigatore e indagine (anche se spesso intrecci e soluzioni sono talmente straordinari da lasciare un segno indelebile nel genere) ma quasi sempre sono vere e proprie avventure dove l'ordine naturale delle cose viene scomposto e ricomposto. Poi c'era la vena soprannaturale tanto adorata da Carr,con dei misteri (uno su tutti lo straordinario pugnale alato) nei quali veramente si crede a una presenza prodigiosa e ultraterrena, salvo poi essere riportati alla realtà da una spiegazione razionale assolutamente impeccabile.
Ovvio,la gran parte della produzione poliziesca di GKC sono i racconti di padre Brown,ma non solo. Esistono anche raccolte come “L'uomo che sapeva troppo” ,“Il poeta e i pazzi” e “I paradossi di mister Pond”  proposte di recente da Igor Longo nei gialli Mondadori, iniziativa oltre ogni encomio possibile.
E poi c'è questo stupendo volumetto, una delle gemme assolute dell'autore, che si intitola “Il club dei mestieri stravaganti”.
Ora, già il titolo è curioso e stimolante; che cosa sarebbe questo club? di cosa si occupa? Lo dice il titolo,appunto; è un'associazione che riunisce tutti coloro che hanno inventato di sana pianta un novo mestiere e con esso riescono a produrre reddito e viverci (cosa assai attuale in questi tempi di crisi; con l'aria che tira tra poco il mestiere dovremo inventarcelo davvero) e il gioco intellettuale del libro sta nell'indovinare prima che venga svelato quale sia il mestiere in questione; perchè GKC struttura i racconti come fossero piccoli gialli in cui non bisogna scoprire colpevoli ma mestieri.
Il libro è composto da sei racconti che raccontano sei storie diverse ma sempre collegate tra loro,e in pratica è un romanzo in sei capitoli, perchè i protagonisti che dedicano il loro tempo a scoprire nuovi membri del club sono sempre gli stessi; Basil Grant “Il sognatore, il mistico”, un ex giudice che di colpo abbandona il suo ruolo perchè si sente inadatto all'aridità morale del codice civile, e si rintana in una grande soffitta di Lambeth, in mezzo a cimeli di un altro tempo come   spade,alabarde,armature e libri antichi. Poi il fratello di Basil, Rupert,uomo pratico e dinamico che trascina il fratello in queste sensazionali avventure; anche se poi sarà Basil a capire e risolvere gli “enigmi” che come già precisato di criminale non hanno proprio nulla. E poi c'è il narratore,a mico di Basil, che si trova sempre al posto giusto per raccontare le avventure dei suoi amici.
Oltre a questi indimenticabili attori protagonisti, il libro è disseminato di azzeccatissimi comprimari, e di favolose,magnifiche descrizioni della Londra del tempo. Svelare quali siano questi mestieri stravaganti o qualche altro particolare della trama sarebbe un mero attentato al piacere intenso che può regalare questo libro,per cui mi taccio e faccio parlare Chesterton, proponendo alcuni straordinari passi presi a caso.

“Basil Grant e io ci trovavamo un giorno in quello che forse è il luogo migliore al mondo per conversare, la parte superiore di un tram passabilmente deserto. Conversare in cima a una collina è una cosa meravigliosa, ma conversare in cima a una collina volante è un'esperienza magica.
Intorno scorrevano i quartieri settentrionali di Londra,universo desolato che si apriva al nostro passaggio in tuta la sua vastità e il suo squallore. Era come un'infinità plebea, come una sordida eternità, che ci rivelava l'orrore vero delle aree povere di Londra, così diverse da quell'orrore falso e artificioso, fatto di vicoli bui e luridi tuguri, di delinquenti e maniaci,di vizi e miserie, che tanto piace ai romanzieri di cassetta. Nei vicoli bui,nei recessi della miseria,nessuno cerca la civiltà,nessuno cerca l'ordine. Ma qui la civiltà c'era,l'ordine c'era. E questo era l'orrore,che la civiltà non mostrava non mostrava che la sua abiezione,l'ordine che la sua monotonia. Nessuno,passando in un quartiere malfamato, si stupisce che non vi siano statue o che non vi sorga una cattedrale. Qui,invece, gli edifici pubblici c'erano, ma erano soprattutto manicomi; c'erano le statue, ma erano perlopiù statue di ingegneri delle ferrovie e di filantropi, due tetre categorie accomunate dal loro disprezzo per la gente; c'erano anche le chiese, ma erano sette di chiese oscure e peregrine, gli Agapemoniti e gli Irvingiti. E, soprattutto, c'erano ampie strade e  incroci e tramvie e ospedali e tutti gli altri segni tangibili della civiltà. Ma,sebbene non si sapesse mai, in un certo senso, quello che si sarebbe visto di li a poco, una cosa era certa; che non si sarebbe visto nulla di veramente grande, di fondamentale, di eccelso, nulla che l'umanità avesse mai adorato. E con indescrivibile disgusto il nostro cuore tornò allora a quegli anditi veramente angusti e miserabili, a quelle strade veramente squallide,a quei bassifondi genuini che si estendono intorno al Tamigi e alla City,dove,nonostante tutto,resta almeno la possibilità di essere folgorati,a una svolta qualsiasi della strada,dalla grande croce della cattedrale di Saint Paul ”

“Credo che l'aspetto più deplorevole della vita moderna sia il fatto che l'uomo moderno debba sempre ricercare l'esperienza artistica in uno stato sedentario; per ritrovarsi anima e corpo nel furore di una battaglia deve leggere un libro; per librarsi in cielo,deve leggere un libro; per fare una scivolata sulla ringhiera delle scale,deve leggere un libro”

“Ben pochi sapevano qualcosa di Basil Grant,non perchè egli fosse minimamente restio, che chiunque fosse entrato nelle sue stanze egli l'avrebbe tenuto a conversare anche tutta la notte. Pochi lo conoscevano perchè, come tutti i poeti,egli poteva fare a meno di loro. Accoglieva le persone con lo stesso piacere con cui si accoglie un'inaspettata sfumatura del crepuscolo, ma non provava il bisogno di andare in società più  di quanto   bisogno di apportar modifiche alle nuvole del tramonto”


Questo per dare un'idea dello scrittore e del pensatore Chesterton,e del perchè asserisco che i suoi scritti siano inarrivabili.
Per concludere,alla fine dell'ultimo racconto,il libro termina con un perfetto finale circolare,come certi libri di Stevenson, scrittore molto amato da GKC. Nell'ultima frase del libro tutto sembra ricominciare, e basta tornare all'inizio del libro per rivivere subito un'esperienza di lettura davvero splendida.

In questo periodo di massimo fiorire di Chesterton nelle librerie Italiane (quanti titoli andranno esauriti già entro 2-3 anni?) anche il club dei mestieri stravaganti è disponibile; lo pubblica Guanda e costa 15 euro.

INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  10/10
-LEGGIBILITA’  10/10
-ATMOSFERA  9/10
-HUMOUR   9/10
-SENTIMENTO   9/10

MEDIA VOTO;   9,4

mercoledì 15 maggio 2013

L’IMPRONTA SCARLATTA; IL ROMANZO D’ESORDIO DI RICHARD AUSTIN FREEMAN, IL PIU’ GRANDE GIALLISTA DELL’ETA’ EDOARDIANA.





Per “Età edoardiana” si intende quel periodo storico Inglese compreso tra il 1901 (anno di morte della regina Vittoria e conseguente ascesa al trono del figlio Edoardo) e la prima guerra Mondiale,dopo la quale la rigida divisione classista inglese ebbe il primo scossone per poi crollare definitivamente sotto i colpi di chitarra dei Beatles.
In quest’epoca l’Impero britannico era ancora potentissimo  e si estendeva fino alla Polinesia, mentre Londra e altre grandi città inglesi navigavano l’onda positivista; il background perfetto per uno scrittore come Austin Freeman e per un detective come il suo dottor Thorndyke, medico legale che risolve i casi confidando prettamente sulla scienza e sui suoi elaboratissimi macchinari e strumenti di analisi; il trionfo del detective positivista e scientifico che dal 1920 in poi sarà sostituito dal razionale pensatore tutto  “cellule grigie”.
Freeman è l’unico autore di Polizieschi dell’epoca Edoardiana assieme a Chesterton che sia sopravvissuto fino a noi e soprattutto che sia ancora meritevole di lettura (a parte felici episodi come Trent’s last case di Bentley, in quel periodo la narrativa poliziesca visse un periodo transitorio,un ponte ideale tra Conan Doyle e la golden age), e meritevole lo è davvero perchè trattasi di un autore geniale e di grande leggibilità.
Chi conosce Freeman solo per sentito dire (o sentito leggere in qualche guida al poliziesco) ha solo delle nozioni arbitrarie e riduttive, in quanto vi si dice solo che il suo dottor Thorndyke è il più scientifico degli investigatori, che è il primo medico legale mai apparso e che le sue storie abbondano di tecnicismi etc. Tutto giusto, ma purtroppo si tace delle splendide descrizioni di Londra,delle tenerissime storie d’amore, delle conversazioni brillanti tra il dottore e il suo assistente e dei siparietti umoristici;un gran peccato perchè sono queste,più che i complicati  e ormai datati esperimenti di Thorndyke, le motivazioni che portano a leggere Freeman a oltre un secolo dal suo primo libro. Perfino il terribile (verso i gialli classici) Raymond Chandler in una sua lettera elogia apertamente l’autore, che definisce “un mago” e “uno scrittore migliore di quanto si immagini”.  E se il bilioso Chandler scrisse questo, allora c’è da credere in un effettivo valore di questo scrittore.

Freeman esordi nel 1907, con il romanzo “L’impronta scarlatta”. In questa prima storia appare subito il dottor Thorndike, descritto come un uomo affascinante, spiritoso e dai modi gentilissimi (ma niente affatto pomposo come Philo Vance) e naturalmente di estrema intelligenza. A tracciare questo elogiativo ritratto è il dottor Jervis, il Watson della situazione; esso è un simpatico giovane medico neolaureato e disoccupato che dopo aver incontrato dopo anni il vecchio amico Thorndyke accetta di buon grado di fargli da assistente per un nuovo caso di cui si sta occupando,ossia il dover dimostrare l’innocenza di un giovane onesto e retto ingiustamente accusato di furto (notare come in questo libro manchi il morto,una cosa davvero rara) ,ma da tutti ritenuto colpevole perchè nella cassaforte è stata rinvenuta una sua impronta digitale. Apparentemente la colpevolezza del giovane è lampante, ma il geniale medico legale e patologo forense dimostrerà il contrario, smascherando il vero colpevole (che per tutto il romanzo cerca di fare fuori Thorndyke con mezzi curiosi, dal lancio di un dardo letale all’invio per posta di un sigaro avvelenato) e facendo tutti felici e contenti, compreso il buon Jervis che in questa storia troverà l’anima gemella dopo un pudico ma tenace corteggiamento.
C’è da dire che in questo romanzo l’intreccio vale non tanto per l’identità intuibilissima del colpevole,ma per il modo nel quale il dottor Thrndyke procede allo smantellamento delle prove a carico dell’innocente; i procedimenti sono lunghi ma niente affatto noiosi, e nell’epoca dei RIS si leggono quasi con affetto; e poi c’è la splendida prosa di Freeman,un vero scrittore nato.

I suoi libri,quasi tutti tradotti benissimo  da Alberto Tedeschi, sono  reperibili abbastanza facilmente nei classici del giallo e nella compagnia del giallo Newton; i miei preferiti sono “L’occhio di Osiride”  e  “IL testimone muto”, ma se li trovate prendeteli tutti.
L’impronta scarlatta poi è reperibile anche in libreria nello splendido Mammuth Newton “I grandi maestri del giallo” volumone che comprende questo e altri grandissimi romanzi d’esordio di vari autori; tra i titoli citiamo Poirot a Styles court,le inchieste di Monsieur Dupin,La strana morte del Signor Benson,Uno studio in rosso,Charlie Chan e la casa senza chiavi,La scala a chiocciola,Delitto a villa rose; assolutamente imperdibile per chi vuole avvicinarsi al mondo del giallo classico.




INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  8/10
-LEGGIBILITA’  8/10
-ATMOSFERA  9/10
-HUMOUR   8/10
-SENTIMENTO   9/10

MEDIA VOTO; 8,4

venerdì 10 maggio 2013

ORRORE,DI URSULA CURTISS


Cara vecchia Ursula Curtiss. Inizio così,con questa frase che mi viene direttamente dal cuore,l'elogio di una delle migliori scrittrici di suspense americane,anzi la quintessenza del suspense puro al femminile. Certo non si può paragonare a Woolrich o alla Millar o ad altri maestri della tensione,ma la Curtiss ha un tocco femminile tutto suo che la rende a su modo unica. Rampolla di una genia di gialliste affermate,meno prolissa e zuccherosa della madre Helen Reilly e meno superficiale della sorella Mary MacMullen, la Curtiss si distingue per una scrittura secca e  senza fronzoli,molto americana in tal senso;nelle sue storie si narra l'essenziale,gli orpelli sono inesistenti,e proprio per questo le sue storie thriller sono tuttora godibilissime.
Questo “orrore” è il suo primo che ho letto e uno dei miei preferiti,in quanto oltre a divertire e tenere sulla corda demolisce e mette alla berlina il mito della famiglia,uno dei grandi capisaldi dell'America Maccartista dell'epoca,schifosamente puritana e bigotta.
Qui abbiamo una giovane vedova che qualcuno sistematicamente terrorizza; questo qualcuno sa che è allergica alle punture delle api e gliene fa trovare in auto o in camera,e altre carinerie simili. Ovvio che un aspirante assassino così informato è una persona a lei molto vicina,ma la Curtiss è così brava da tenerci nell'incertezza fino alla fine,e anche se quando l'enigma si scioglie il lettore capisce che esso non era nulla di speciale  è ugualmente contento di essere stato tenuto sulle spine con tale maestria.E normalmente fa come ho fatto io;si mette a cercare altri libri dell'autrice,piacevolmente sicuro dell'ora e mezzo di divertimento che ricaverà da esso.

Il libro è uscito in due edizioni,negli anni sessanta nel giallo mondadori e negli anni novanta nei classici del giallo; traduzione buona e fluida,il libro era abbastanza breve già in originale.

-INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  8/10
-LEGGIBILITA’  9/10
-ATMOSFERA  9/10
-HUMOUR   6/10
-SENTIMENTO   8/10

MEDIA VOTO; 8


domenica 5 maggio 2013

L'ULTIMA TAPPA DI ANTHONY BERKELEY;UN CONTROGIALLO





 

(immagine presa dal blog del giallo Mondadori)



Anthony Berkeley è uno degli autori del “terzo girone” dell'appassionato di libri gialli. Questo perchè il neofita quasi sempre si approccia alla letteratura poliziesca attraverso gli autori più famosi e soprattutto più reperibili nelle librerie; la Christie,Ellery Queen,Stout,CHandler,COnan Doyle; questi autori rappresentano il primo girone,il più esterno.
 Poi il lettore si interessa al genere e comincia a cercare altri autori altrettanto grandi ma ignorati dalla distribuzione libraria,che quindi bisogna cercarsi per biblioteche e bancarelle;parlo di scrittori come John Dickson Carr,Edgar Wallace,S.S. Van Dine,Cornell Woolrich; di questi  ogni appassionato ha cercato con costanza e passione di reperire tutta l'opera.
Poi,rinfrancati e soddisfatti dalle grandi opere dei maestri,scatta la vera passione collezionistica, quella che porta a sfogliare dizionari del giallo,fare ricerche su Internet visitando vari siti e blog specializzati nel poliziesco; il tutto per sapere quali sono gli autori meno famosi ma meritevoli quanto i più celebrati.
E qui,in questo “terzo girone” ,che ci si imbatte puntualmente in Anthony Berkeley Cox.Un autore molto dotato per gli intrecci e che spicca anche per l'altissima qualità della sua scrittura,che oltre ai romanzi con l'intuitivo ma rozzo,gaffeur e talvolta antipatico Roger Sheringham (era una novità per l'epoca caratterizzare il detective in modo tanto negativo) conta anche altri capolavori scritti sotto il nome di Francis Iles;il più grande di essi è per me il romanzo “Il sospetto” da cui Hitchcock trasse l'omonimo grande film,un autentico capolavoro spietato e pessimista su una donna che si rende conto pian piano di aver sposato un assassino.
E scrittore spietato e pessimista Berkeley lo è stato molto spesso,come nel romanzo del 1933 “L'ultima tappa”,che proprio in questi giorni torna in edicola dopo 34 anni di assenza.
I classici del giallo ripropongono infatti questo romanzo della serie di Roger Sheringham (in una versione a quanto pare sforbiciata,ma in ogni caso tradotta benissimo) che spicca sugli altri titoli del comunque sempre poliedrico e sorprendente autore Inglese per la tecnica narrativa eccezionale e ai tempi veramente innovativa; infatti questo è un vero e proprio “contro-giallo” perchè si parte dal presupposto non di scovare una assassino bensì di proteggerlo.
La storia è questa; c'è una festa in maschera sul tema degli assassini famosi, e durante il trattenimento la moglie del fratello del padrone di casa,donna pericolosamente vicina allo squilibrio mentale,oltre a rendersi ridicola con tutti quelli che le capitano a tiro minaccia di rovinare la vita di alcuni dei presenti con delle rivelazioni scottanti che,a detta sua,farà il giorno dopo.Poi prosegue in una serie di sconcertanti stranezze e proclami di suicidio,fino a giocare a mettersi un cappio attorno al collo.Uno degli invitati passa di li,la vede e...le toglie la sedia da sotto i piedi. Punto.
Il cadavere viene scoperto,la polizia viene chiamata e in quel mentre nella testa di tutti,in particolare di Roger Sheringham che si trovava ospite alla festa,sorge il desiderio di far passare un omicidio per un suicidio;quindi,come in assassinio sull' orient-express e altre gialli “etici” il romanzo diventa una spietata analisi dell'    omicidio a fin di bene,quello commesso per motivi non dico nobili ma quantomeno spiegabili; nel mondo creato dallautore la tranquillità delle persone è più importante di una vita umana seppur sbagliata,e il lettore si trova suo malgrado a fare il tifo per tutti loro,aiutati da Berkeley che riversa sulla storia fiumi di quel cinismo inglese intriso di understatement che porta a minimizzare tutto quello che per altri è il sale stesso della vita.Un passaggio emblematico dice “nessuno dovrebbe sposarsi a vent'anni,casomai provare a convivere insieme;a 30 anni non siamo gli stessi che eravamo a 20,le persone cambiano e l'amore quasi sempre finisce...” questa e altre perle di filosofia cinica sono sparse per tutto il libro.
Poi il colpo di scena finale,beffardo e orribilmente ironico,in perfetta sintonia con tutto il resto del libro.
Insomma,un vero piccolo capolavoro d'intreccio,di scrittura e di profondità psicologica;altro che bieca letteratura d'intrattenimento come vorrebbero molti critici.Un  ennesimo gioiello proposto da una collana che attualmente,grazie a collaboratori capaci e intelligenti,vola su ottimi livelli regalandoci almeno un titolo imprescindibile al mese.

INTRECCIO E SOLUZIONE FINALE;  9/10
-LEGGIBILITA’  10/10
-ATMOSFERA  8/10
-HUMOUR   8/10
-SENTIMENTO   7/10

MEDIA VOTO; 8,3